Ancora una strage all’università. Stavolta non negli Stati Uniti, come ci hanno abituato le cronache, ma nel cuore d’Europa. Ieri uno studente ha ucciso 14 persone e ne ha ferite altre 25 alla Charles University di Praga. Attorno alle 3 del pomeriggio David Kozak, 24 anni, è salito sul tetto della facoltà di filosofia e ha iniziato a sparare all’impazzata. Poi ha rivolto l’arma contro se stesso e si è tolto la vita.
Poche prima della mattanza nell’ateneo, il padre è stato trovato privo di vita nella casa di famiglia a Hostoun, cittadina a una ventina di chilometri dalla capitale ceca. Il sospetto è che sia stato ucciso dal ragazzo. L’assalitore aveva un regolare porto d’armi e possedeva diverse pistole, ha confermato il capo della polizia Martin Vondrášek. “È stato un attacco violento premeditato”.
“Odio il mondo, vorrei lasciare quanto più dolore possibile”
Sembra che l’attentatore abbia annunciato su Telegram le proprie intenzioni. Una notizia che ancora non ha trovato conferma ufficiale. “Voglio commettere una sparatoria a scuola e possibilmente suicidarmi“, si legge nella chat. “Tutti mi odiavano, mi odiano e continueranno a odiarmi”, è scritto. “Odio il mondo e vorrei lasciare quanto più dolore possibile”.
Il killer ispirato dalle stragi in Russia
Due le stragi, entrambe avvenute in Russia, a cui si sarebbe ispirato. “Ho sempre voluto uccidere, poi quando Ilnaz ha sparato ho capito che conviene di più fare un omicidio di massa che omicidi seriali”, spiega alludendo a Ilnaz Galjaviev, il 19enne che nel maggio del 2021 ha ucciso undici persone in una scuola di Kazan.
L’altra è quella di Bryansk dello scorso 7 dicembre, quando la studentessa di 14 anni Alina Afanaskina ha aperto il fuoco con un fucile da caccia contro i propri compagni di classe uccidendone uno e ferendone cinque, prima di togliersi la vita. Sarebbe stato proprio questo ultimo episodio a spingere Kozak a mettere in atto il piano. “Ho aspettato, sognando, volevo farlo da tempo, poi Alina è venuta a salvarmi dal cielo appena in tempo”.
La ricostruzione della polizia ceca
Quando, attorno alle 12:40, viene trovato il corpo senza vita del padre, la polizia scopre che lo studente, su cui ricadono subito i sospetti, ha una lezione all’università alle 14 e così ordina l’evacuazione dell’edificio dove era in programma. Purtroppo è un altro il palazzo dove Kozak si reca e dal quale inizia a sparare.
“Non ci sono giustificazioni per un atto così orribile. Come molti di voi provo profonda tristezza e disgusto di fronte a questa disgustosa violenza”, ha detto il primo ministro ceco Petr Fiala, in un breve discorso in televisione per “rivolgersi ai cittadini in questo momento molto difficile”.
I precedenti
Le sparatorie nella Repubblica Ceca sono eventi piuttosto sporadici. L’episodio più recente prima di ieri risale al dicembre del 2019, quando un 42enne uccide sei persone in una sala d’aspetto in un ospedale nella città di Ostrava, prima di togliersi la vita. Quattro anni prima a Uhersky Brod otto persone perdono la vita dopo che un uomo ha aperto il fuoco in un ristorante
Le sparatorie più gravi degli ultimi anni
Quando si parla di stragi nelle università e nelle scuole il primo pensiero va agli Stati Uniti, dove il tasso degli omicidi di massa non ha eguali a livello globale, complice anche la diffusione delle armi tra la popolazione, la più alta al mondo.
L’ultimo episodio risale ad appena due settimane fa, quando un professore apre il fuoco all’università di Las Vegas, in Nevada, uccidendo tre persone. Secondo la polizia, l’uomo, 67 anni, negli ultimi anni aveva presentato diverse candidature nelle università dello Stato ma era stato sempre scartato.
Lo scorso 7 giugno nel mirino finisce una scuola superiore di Richmond, in Virginia, durante la cerimonia di consegna dei diploma. Il killer, un 19enne, uccide uno studente e suo padre.
Due mesi prima, il 28 marzo, è la volta di nella scuola elementare di Nashville, nel Tennessee. Un’ex studentessa di 28 anni fa irruzione dell’istituto armata di un fucile e uccide sei persone, inclusi tre bambini di nove anni.
Il 15 febbraio di nuovo un’università, questa volta nel Michigan. Un uomo di 43 anni, senza alcun legame apparente con l’ateneo, spara a tre studenti del campus prima di togliersi la vita.
È ancora viva la memoria della strage avvenuta nel maggio dello scorso anno, quando lo studente 18enne Salvador Ramos fa irruzione nella Robb Elementary School a Uvalde, in Texas, uccidendo 21 persone, tra cui 19 bambini.
Si è trattato della peggiore sparatoria in una scuola dal massacro di Sandy Hook, in Connecticut, del 2012. In quell’occasione a morire sono 26 persone, inclusi 20 bambini, per mano del ventenne Adam Lanza.
Il 23 maggio del 2014 la strage compiuta da Elliot Rodger apre un dibattito negli Stati Uniti. Il 22enne uccide sei studenti nel campus dell’università di Santa Barbara a Isla Vista, in California, e ferisce altre 13 persone, prima di togliersi la vita. A scuotere è soprattutto il movente che muove la mano del ragazzo e che lui stesso espone con un video du YouTube: la misoginia e la frustrazione generata dal rifiuto delle donne.
La violenza però non si ferma. Pochi giorni dopo i fatti, il 5 giugno, la West Coast registra un altro massacro. Stavolta alla Pacific University di Seattle, nello Stato di Washington, dove un 26enne armato di fucile a pompa uccide uno studente e ne ferisce altri tre.
Tra la stragi più sanguinose c’è quella avvenuta all’Università Virginia Tech, in Virginia, nell’aprile del 2007, quando uno studente di origini sudcoreane uccide 32 persone e ne ferisce altre venti con due pistole semiautomatiche prima di togliersi la vita. A distanza di quattro anni il terrore torna nel college. Nel dicembre del 2011 un uomo spara all’interno del campus facendo due morti.
Lo scorso anno un pubblico ministero della Florida ha chiesto la pena di morte per il 23enne Nikolas Cruz, killer della strage di Parkland, avvenuta nel 2018. Ma il giurì lo ha risparmiato condannandolo all’ergastolo per aver ucciso 14 studenti e tre docenti della sua ex scuola.
Probabilmente nessuna scuola è evocativa come la Columbine High School di Denver, in Colorado, dove nell’aprile del 1999 due studenti del liceo – Eric Harris di 18 anni e Dylan Klebold di 17 – uccidono a colpi d’arma da fuoco 12 compagni e un insegnante prima di togliersi la vita.
Nell’agosto del 1996 sono tre professori dell’università statale di San Diego, in California, a finire nel mirino. Vengono uccisi da uno studente di ingegneria, Frederick Martin Davidson, che apre il fuoco mentre sta discutendo la tesi di laurea.