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Liberati i pescatori di Mazara del Vallo che da 108 giorni si trovavano in carcere in Libia, sotto la sorveglianza dei militari del generale Haftar. La conferma arriva dal premier Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio è partito in aereo alla volta di Bengasi, accompagnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
I 18 arrestati e la reazione di Mazara del Vallo
Conte e Di Maio sono decollati da Roma verso la Libia nella mattinata di giovedì. Ciò ha comportato lo spostamento del vertice con Italia Viva, che il premier avrebbe dovuto tenere alle 9 e invece è stato spostato alle ore 19. I familiari dei 18 pescatori trattenuti in Libia si sono radunati all’esterno del Comune di Mazara del Vallo. “Ci arrivano telefonate che ci confermano l’imminente liberazione. Aspettiamo la conferma a momenti. Siamo davvero felici“, aveva commentato il sindaco Salvatore Quinci.
“Oggi per noi è già Natale – ha detto la moglie di uno dei pescatori sequestrati, in lacrime – sono stati 108 giorni di inferno, li ho contati uno per uno ma oggi è finita”.
I fatti risalivano al 1° settembre scorso, quando le milizie dell’Lna (Libyan National Army), legate al generale Haftar, avevano sequestrato i due motopesca ‘Antartide’ e ‘Medinea’. Al loro interno si trovavano 18 membri dell’equipaggio: otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi. I familiari dei pescatori qualche settimana fa avevano chiesto la loro liberazione manifestando per diversi giorni davanti alla Camera dei deputati.
Le difficoltà dell’Italia nella liberazione dei pescatori
La difficoltà nel procedere alla loro liberazione derivava dal fatto che la loro cattura era avvenuta da parte delle milizie di Haftar e non dal governo di Tripoli di Serraj, ossia quello che l’Italia riconosce come legittimo. Le imbarcazioni si trovavano a circa 80 miglia dalla costa di Bengasi. Ecco perché tra le accuse a carico dei pescatori c’era quella di aver invaso le acque di pertinenza economica della Libia.
Il ‘Corriere della Sera’ evidenzia però anche l’ipotesi che la cattura dei pescatori fosse di fatto una ritorsione delle milizie libiche per l’arresto e la condanna di alcuni scafisti da parte delle autorità italiane. Il processo a loro carico, già arrivato al secondo grado di giudizio in quel di Catania, li vede colpevoli per traffico di migranti.