L’avidità di Big Pharma, la corruzione in seno alla Fda, l’ente regolatorio americano sui farmaci, martellanti campagne di marketing per manipolare la comunità medica e i pazienti. C’è questo alla base dell’epidemia da oppioidi che sul finire degli anni Novanta ha colpito gli Stati Uniti e che si stima abbia causato finora la morte di almeno 500mila persone per overdose e dipendenza.
A ricostruire la genesi di questa pagina oscura è Painkiller, la nuova serie prodotta da Netflix che in sei episodi svela le attività spregiudicate di un colosso farmaceutico, la Purdue Pharma della famiglia multimilionaria Sackler, che nel 1996 immette sul mercato statunitense il “miracoloso” OxyContin (ossicodone), un potente analgesico a base di oppioidi che i produttori sostenevano fosse estremamente efficace nel trattamento del dolore senza rischi significativi di sviluppare dipendenza.
È stato dimostrato come i Sackler, una delle famiglie più ricche degli Stati Uniti, in realtà fossero consapevoli dell’effetto collaterale e che abbiano deciso scientemente di ignorarlo e di sfruttarlo a proprio vantaggio per incrementare le vendite e dunque i ricavi in una spirale infernale che ha innescato un’epidemia di morti.
Diretta da Peter Berg e interpretata tra gli altri da Matthew Broderick nel ruolo di protagonista, la serie è basata sul libro di Barry Meier “Pain Killer: A ‘Wonder’ Drug’s Trail of Addiction and Death” e sull’inchiesta del New Yorker “The Family That Built the Empire of Pain” realizzata da Patrick Radden Keefe.
I sei episodi intrecciano alla ricostruzione meticolosa dei fatti le storie delle persone – donne e uomini, adulti e adolescenti – che per cercare di alleviare il proprio dolore entrano nel tunnel della dipendenza fino alla morte.
L’aumento esponenziale delle prescrizioni mediche
Cruciale il ruolo giocato dalla Food and Drug Administration (Fda), che nel 1995 approva l’OxyContin, un farmaco con una formulazione a elevato dosaggio e lento rilascio di ossicodone, grazie a un funzionario corrotto dalla stessa famiglia Sackler.
Impiegato fino a quel momento quasi esclusivamente in ambito oncologico, l’ossicodone registra un aumento esponenziale nel numero delle prescrizioni mediche per il trattamento di qualunque forma di dolore, anche lieve.
Accanto al fiorire di un mercato nero, molti pazienti scivolati nella tossicodipendenza, di fronte alle difficoltà di procurarsi l’OxyContin nelle farmacie, ripiegano sull’eroina. Non a caso, secondo l’American Society of Addiction Medicine, quattro americani su cinque che oggi fanno uso dello stupefacente hanno iniziato con l’assunzione di antidolorifici prescritti dal proprio medico di base.
La crisi degli oppioidi negli Stati Uniti non si è esaurita. Secondo i dati più recenti del Centers for Disease Control and Prevention, sono in media 145 gli americani che ogni giorno muoiono per overdose da oppioidi.
Cos’è l’ossicodone
Sintetizzato la prima volta in Germania nel 1916, a partire dalla tebaina, l’ossicodone è un analgesico oppiaceo, un farmaco antidolorifico molto potente i cui effetti sono simili a quelli della morfina. Viene prescritto per il trattamento del dolore severo e cronico con un’efficacia che dura 12 ore.
Tra gli effetti collaterali – oltre a sintomi come letargia, depressione, anoressia, ansia, convulsioni, amnesia e insonnia – c’è appunto la dipendenza che i pazienti posso sviluppare se ne abusano superando la dose indicata. Allo stesso modo, l’interruzione brusca (non graduale) può condurre con altissima probabilità a manifestare sintomi di astinenza.