Libano, secondo il ministro degli esteri “Prima di morire Nasrallah aveva accettato la tregua”

Abdallah Bou Habib in un’intervista rilasciata alla CNN  ha spiegato che “il Libano aveva accettato un cessate il fuoco, ma consultandosi con Hezbollah”

La morte di Hassan Nasrallah, leader storico di Hezbollah, avvenuta durante un raid israeliano a Beirut, ha scosso il già fragile equilibrio del Medio Oriente. Le circostanze della sua scomparsa, il contesto politico e militare in cui si inserisce, e le conseguenze di questo evento aprono nuovi scenari di conflitto e pace nella regione, in particolare tra Libano, Israele e gli attori internazionali coinvolti.

La tregua fallita

Poco prima di essere ucciso, Nasrallah aveva accettato una tregua di 21 giorni con Israele, secondo quanto rivelato dal ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bou Habib. In un’intervista rilasciata alla CNN, Bou Habib ha spiegato che “il Libano aveva accettato un cessate il fuoco, ma consultandosi con Hezbollah”. Il capo del Parlamento libanese, Nabih Berri, si era anch’esso consultato con il gruppo sciita e aveva informato le potenze internazionali, tra cui Stati Uniti e Francia, dell’accordo di pace raggiunto. La tregua, proposta inizialmente dagli Stati Uniti durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto rappresentare un passo avanti per calmare la situazione nella regione, ma l’uccisione di Nasrallah potrebbe aver infranto ogni speranza di un immediato cessate il fuoco.

L’intento del governo libanese, come spiegato dal primo ministro Najib Mikati, era quello di applicare la risoluzione ONU 1701, che impone al Libano di schierare il proprio esercito a sud del fiume Litani e di garantire che Hezbollah non continui a condurre operazioni militari contro Israele dal territorio libanese. Mikati aveva sottolineato che “Hezbollah è d’accordo e la comunità internazionale ci aiuta. Dobbiamo scegliere questa strada, invece della guerra, per raggiungere i rispettivi obiettivi senza spargere altro sangue”. Tuttavia, la tregua è stata interrotta dal raid israeliano, evidenziando come le dinamiche militari nella regione siano spesso incontrollabili, nonostante gli sforzi diplomatici.

Il raid che ha cambiato tutto

L’attacco israeliano che ha portato alla morte di Nasrallah è stato uno degli episodi più intensi delle recenti tensioni tra Israele e Hezbollah. Il raid, condotto nella periferia sud di Beirut, ha colpito un edificio nella zona di Dahiyeh, storica roccaforte del gruppo sciita. Israele ha confermato l’operazione, affermando che l’obiettivo era il quartier generale clandestino di Hezbollah, dove si trovava Nasrallah. Le forze israeliane hanno utilizzato bombe da 900 kg di fabbricazione statunitense, tra cui le cosiddette “bombe sfonda-bunker”, progettate per distruggere strutture sotterranee e fortificate.

Il Washington Post, citando esperti che hanno analizzato i video degli attacchi, ha riferito che Israele ha impiegato bombe BLU-109, progettate per penetrare le difese bunkerizzate, equipaggiate con kit di guida JDAM, che migliorano la precisione degli attacchi aerei. Questi sistemi d’arma sono stati fondamentali per colpire con precisione il nascondiglio di Nasrallah e raso al suolo sei edifici nel processo.

Le conseguenze dell’uccisione di Nasrallah

La morte di Hassan Nasrallah rappresenta un colpo durissimo per Hezbollah. Nasrallah era una figura di riferimento per il gruppo dal 1992 e aveva trasformato Hezbollah in una delle forze politiche e militari più potenti del Libano, oltre che un attore chiave nelle dinamiche geopolitiche della regione. Sebbene Hezbollah non abbia ancora confermato ufficialmente la morte del suo leader, fonti della sicurezza libanese hanno riferito che il corpo di Nasrallah è stato recuperato intatto dal luogo dell’attacco.

Hassan Nasrallah, leader Hezbollah in Libano
Hassan Nasrallah Foto EPA/WAEL HAMZEH – Newsby.it

La sua scomparsa solleva molte domande sul futuro del gruppo sciita e sull’equilibrio di potere all’interno del Libano. Nasrallah era considerato una figura di unità per Hezbollah, capace di mantenere l’organizzazione coesa nonostante le numerose pressioni interne ed esterne. La sua morte potrebbe creare vuoti di potere e alimentare tensioni all’interno del gruppo stesso, con potenziali lotte per la successione tra i vari leader militari e politici.

Dal punto di vista regionale, l’eliminazione di Nasrallah potrebbe portare a un’escalation delle ostilità tra Israele e Hezbollah. Sebbene il raid israeliano mirasse a indebolire il gruppo sciita, le reazioni a lungo termine potrebbero portare a una nuova ondata di violenze, con attacchi da entrambe le parti. Già nei giorni successivi al raid, Hezbollah ha lanciato razzi contro il nord di Israele, mentre le forze israeliane hanno intensificato i bombardamenti su Beirut e Gaza.

Il contesto più ampio: la posizione del Libano e l’intervento internazionale

Il Libano si trova in una situazione estremamente difficile. Il paese è ancora alle prese con una grave crisi economica e politica, aggravata dalla presenza di milioni di profughi siriani e dalla crescente instabilità interna. Il governo di Najib Mikati, pur cercando di mantenere un equilibrio tra le varie fazioni interne e gli interessi internazionali, deve fare i conti con la crescente pressione di Hezbollah e le aspettative della comunità internazionale.

Durante una recente conversazione pubblicata su La Repubblica, Mikati ha ribadito la necessità di applicare la risoluzione ONU 1701 e ha chiesto agli Stati Uniti di essere “equi” nel trattare la situazione in Libano. “Dobbiamo raggiungere i nostri obiettivi senza ricorrere alla guerra”, ha detto Mikati, sottolineando l’importanza di schierare l’esercito libanese al sud del paese per prevenire ulteriori scontri con Israele. Tuttavia, ha anche avvertito che “la risoluzione 1701 è stata violata da Israele ogni giorno”, il che rende difficile mantenere la pace e evitare un conflitto regionale.

Il premier libanese ha inoltre lanciato un appello alla comunità internazionale per raccogliere fondi necessari a equipaggiare le forze armate libanesi e schierarle nel sud del paese. Mikati ha riferito di aver mobilitato 1.500 soldati, ma ha bisogno di almeno 10.000 unità per garantire una presenza efficace e duratura nella regione.

Escalation in corso: raid e attacchi incrociati

Mentre la diplomazia internazionale tenta di gestire le conseguenze della morte di Nasrallah, sul campo le ostilità continuano. Israele ha intensificato i suoi attacchi non solo in Libano, ma anche nella Striscia di Gaza e in Siria. A Gaza, è stato ucciso Aziz Salha, noto per essere uno degli autori del linciaggio di due soldati israeliani a Ramallah nel 2000. La sua morte è stata accolta con entusiasmo dalle forze israeliane, che lo consideravano un obiettivo strategico di lungo termine.

In Siria, le forze israeliane hanno condotto un raid nei pressi di Latakia, mirando a un deposito di armi legato alle forze pro-iraniane. Secondo i media siriani, le difese aeree del paese sono state attivate per rispondere all’attacco, ma l’incursione ha comunque causato incendi e danni significativi nella città di Jable.

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