Israele, perché si è arrivati a uno sciopero generale contro il governo?

L’agitazione, convocata dal principale sindacato del Paese, coinvolgerà numerosi lavoratori e dovrebbe creare parecchi disagi

L’insofferenza nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu è sempre più alta in Israele, dove nelle ultime ore è iniziato uno sciopero generale, il primo dall’inizio dell’invasione della Striscia di Gaza. Lo scopo dell’agitazione è accelerare il raggiungimento di un accordo con Hamas, ormai in stallo da mesi, e agevolare il ritorno a casa degli ostaggi. Il numero dei lavoratori che hanno scelto di incrociare le braccia è elevato: dopotutto l’Histadrut, il sindacato che ha convocato lo sciopero, ne rappresenta ben 800mila (è il più grande tra quelli israeliani). Alla manifestazione di dissenso ha scelto di partecipare anche l’Israel Business Forum, la principale sigla per quanto riguarda il settore privato, alla quale solo legate ben 200 tra le aziende più grandi del Paese. Pure Yair Lapid, il capo dell’opposizione, ha aderito allo sciopero. È dunque lecito aspettarsi parecchi disagi per tutta la giornata di lunedì 2 settembre.

Le ragioni dello sciopero generale in Israele

A portare allo sciopero, preceduto da proteste di grandi dimensioni del weekend, è stata anche la morte di sei ostaggi israeliani, uccisi con dei colpi d’arma da fuoco alla testa e ritrovati in un tunnel a Rafah. “Secondo una prima valutazione sono stati brutalmente assassinati dai terroristi di Hamas poco prima che li raggiungessimo. Sono stati rapiti vivi la mattina del 7 ottobre dal gruppo terroristico. I loro corpi sono stati trovati durante i combattimenti a Rafah, in un tunnel, a circa un chilometro di distanza da quello da cui abbiamo salvato Farhan al-Qadi qualche giorno fa”, ha spiegato Daniel Hagari, il portavoce dell’esercito israeliano.

Una protesta a Tel Aviv
Una protesta a Tel Aviv | EPA/ABIR SULTAN – Newsby.it

In seguito agli omicidi, la reazione di Netanyahu è stata dura: “Dico ai terroristi di Hamas che hanno assassinato i nostri ostaggi e dico ai loro leader che non ci fermeremo e non staremo in silenzio. Vi daremo la caccia, vi prenderemo e vi porteremo a giudizio. Chiunque uccide gli ostaggi non vuole un accordo”. Ma una grossa fetta della popolazione di Israele non è d’accordo con il primo ministro e chiede a gran voce dei passi avanti nei negoziati per rendere possibile la liberazione degli ostaggi ancora in vita. Lo sciopero nazionale è solo un altro passo avanti verso questo obiettivo.

“Siamo arrivati alla conclusione che solo il nostro intervento può smuovere chi deve essere smosso. L’accordo non fa progressi per motivi politici, e questo è inaccettabile”, ha dichiarato Arnon Bar-David, il segretario dell’Histadrut. Il sindacalista non ha escluso l’eventuale prosecuzione dello sciopero nei prossimi giorni, se dovesse rivelarsi necessaria.

L’adesione di Tel Aviv e altri comuni

Allo sciopero ha aderito anche il comune di Tel Aviv, come confermato dal sindaco Ron Huldai, che ha annunciato l’interruzione dei servizi comunali per l’intera giornata di lunedì 2 settembre. Anche i sindaci di Givatayim, Ra’anana, Kfar Saba, Hod Hasharon e Herzliya hanno scelto di prendere parte all’agitazione, mentre l’amministrazione comunale di Gerusalemme ha preferito non farsi coinvolgere. Nelle città che hanno aderito, le scuole dell’infanzia non apriranno, mentre le medie chiuderanno i battenti alle 11:45. Proseguirà, inoltre, lo sciopero degli insegnanti delle scuole superiori iniziato domenica, che però rappresenta un po’ un capitolo a sé stante (è nato per ragioni contrattuali). In molte università vari docenti e ricercatori incroceranno le braccia, anche se gli atenei potranno comunque decidere di fare lo stesso gli esami già programmati.

L’aeroporto di Tel Aviv, il Ben Gurion, ha chiuso le partenze dopo le 8 del mattino (che corrispondono alle 7 in Italia) e il personale ha chiesto ai passeggeri di restare in attesa per ricevere degli aggiornamenti sulla ripresa del servizio.

Gestione cookie