La guerra tra Israele e Hamas rischia di allargarsi al Libano. Il fronte nord, tra dichiarazioni belligeranti, raid e incursioni, si regge su un equilibrio precario pronto a precipitare a ogni colpo d’artiglieria.
Poco concilianti le parole pronunciate appena ieri dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: “Se Hezbollah decide di entrare in guerra, perderà la seconda guerra del Libano. Commetterà l’errore più grande della sua vita”, ha detto ai soldati israeliani di stanza al confine settentrionale del Paese alludendo al “Partito di dio”.
Nella notte sono proseguiti i bombardamenti nel sud del Paese. Le forze armate di Tel Aviv hanno detto di aver colpito tra le altre cose “una base militare” e quattro “cellule terroristiche” di Hezbollah.
Tensioni sul fronte settentrionale
Raid e scambi di colpi di artiglieria vanno avanti dal 7 ottobre, giorno dell’offensiva lanciata dai militanti di Hamas contro Israele. Ieri il governo di Tel Aviv ha ordinato l’evacuazione di 14 comunità nell’estremo nord del Paese. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono oltre 19mila gli sfollati in Libano a causa delle tensioni al confine meridionale del Paese.
Oggi il ministro della Difesa Guido Crosetto ha incontrato gli oltre mille militari del contingente italiano dispiegato nel sud del Libano, nell’ambito della missione di pace Unifil delle Nazioni Unite, a ridosso della linea blu di demarcazione con Israele.
Del “rischio” di un allargamento del conflitto in Medio Oriente ha parlato anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Tutti quanti stiamo lavorando perché non ci sia un incendio in Medio Oriente. La via diplomatica è sempre quella che va seguita più di ogni altra”, ha detto dal Consiglio Affari esteri dell’Ue a Lussemburgo. “Stiamo lavorando anche per tutelare i nostri militari così come per tutelare tutti gli italiani che vivono in queste zone. Ma la situazione è certamente difficile e complicata”.
Sullo sfondo resta sempre la minaccia dell’Iran, principale sponsor e finanziatore di Hamas.”Se i maligni sionisti prenderanno la stupida iniziativa di entrare nei territori palestinesi affronteranno un fallimento disonorevole e riceveranno una spiacevole risposta dal fronte della Resistenza“, ha avvertito il comandante delle Guardie della Rivoluzione iraniana Hossein Salami.
Cosa è Hezbollah
Hezbollah è un movimento politico e militare, sciita e filo iraniano, guidato dal 1992 da Hassan Nasrallah. Condivide con Teheran l’odio nei confronti del “nemico sionista”, di cui vuole la distruzione. Ha deputati in Parlamento e ministri al governo in Libano.
Nasce in Libano nel 1982, nel pieno della guerra civile libanese tra fazioni cristiano-maronite e musulmane, dopo l’invasione dell’esercito israeliano a sostegno delle milizie cristiane. Lo scopo è quello di ricacciare le forze di Tel Aviv e stabilire in Libano uno Stato islamico sull’esempio della rivoluzione islamica che appena tre anni prima aveva portato Khomeini al potere in Iran.
La milizia di Hezbollah è finanziata da sempre da Teheran, col supporto determinante della Siria, da cui provengono armamenti e sostegno logistico. È il “fronte sciita” che combatte Israele e il sionismo.
Da allora Hezbollah conduce senza soluzione di continuità una guerra contro Israele, le cui parole d’ordine sono l’antisionismo e la cancellazione dello Stato ebraico. Oltre a partecipare attivamente alla guerra civile libanese, compie numerosi attentati terroristici, anche contro le forze di pace occidentali sotto l’egida dell’Onu.
Accanto al braccio armato, emerge il movimento politico. Nel 2005 Hezbollah conquista 14 seggi in Parlamento, quasi tutti nel sud del Paese. Dal 2008 in poi il Partito di Dio fa parte stabilmente dei governi di unità nazionale che si sono formati.
Gaza, Onu: “Situazione catastrofica”
Mentre la temuta invasioni di terra a Gaza resta congelata, sotto la pressione degli Stati Uniti, si moltiplicano i raid nella Striscia. Sotto il martellamento incessante delle bombe israeliane, circa il 40% delle case nell’enclave sono state rase al suolo, secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite. Sale di conseguenza il bilancio delle vittime. Il ministero della Sanità palestinese stima in oltre 5mila i morti, inclusi 2mila bambini e più di mille donne. I feriti hanno superato quota 15mila.
La situazione umanitaria resta disastrosa malgrado altri due convogli di aiuti umanitari siano entrati ieri e oggi nell’enclave attraverso il valico di Rafah. I camion, in tutto 34, contenevano acqua, cibo e medicinali. Gli aiuti ricevuti finora dalla Striscia sono una goccia nel mare rispetto alle esigenze della popolazione palestinese, quasi 2,2 milioni persone, stremata da oltre due settimane di assedio totale. Secondo le Nazioni Unite sono necessari circa 100 camion al giorno data la situazione umanitaria “catastrofica”.
Gli aiuti non includono il carburante per la ferma opposizione di Israele. L’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, ha fatto sapere che nel giro dei prossimi due giorni le scorte saranno esaurite. Il numero degli sfollati interni intanto è salito a circa 1.400. di questi oltre 540mila hanno trovato riparo nelle scuole gestite dalle Nazioni Unite, circa 100mila nelle moschee e nelle chiese.
“Niente carburante significa che gli impianti di desalinizzazione dell’acqua non funzionano. Niente carburante significa anche che i nostri partner dovranno concentrare i loro sforzi solo sul trasporto dell’acqua. E significa che non possono funzionare le panetterie e gli ospedali”, ha denunciato in un comunicato l’Ocha, l’Ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite.
È proprio negli ospedali che la situazione “resta disperata, data la mancanza di elettricità, farmaci, forniture mediche e personale specializzato”, sottolinea l’Ocha. Le strutture sanitarie sono sopraffatte. Basti pensare che il solo Shifa hospital, a Gaza City, al momento ospita 5mila pazienti, molti di più dei 700 che potrebbe accogliere. Senza contrare i circa 45mila sfollati che hanno trovato riparo all’interno e intorno alla struttura.
Tajani: “Morti due italiani dispersi”
Il capo della Farnesina in serata ha confermato la morte degli altri due italo-israeliani dispersi. Si tratta di Liliach Le Havron, moglie di Evitar Kipnis, il cui corpo era stato ritrovato nei giorni scorsi, e del 29enne Nir Forti.
Sul fronte degli ostaggi, le Brigate al Qassam, ala militare di Hamas, hanno fatto sapere di aver liberato altri due ostaggi, con la mediazione dell’Egitto e del Qatar. “Abbiamo deciso di rilasciarli per ragioni umanitarie”, ha scritto su Telegram il portavoce Abu Obeida. Si tratterebbe di due cittadine israeliane, hanno fatto sapere fonti citate dalla Cnn.
Secondo il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari sarebbero 222 le persone nelle mani del movimento che controlla la Striscia di Gaza.