Proseguono le condanne a morte in Iran, in risposta alle proteste anti-governative in corso nel Paese da metà settembre, dopo la morte, in custodia della polizia morale, di Mahsa Amini, accusata di avere indossato l’hijab in modo “improprio”. Questa mattina, a Mashhad, è stato giustiziato pubblicamente un secondo manifestante, Majidreza Rahnavard, con l’accusa di aver ucciso due Basiji, componenti della forza paramilitare fondata dall’ayatollah Khomeini, impiegata nella repressione delle manifestazioni che, da quasi tre mesi, chiedono maggiori libertà in Iran. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa della magistratura iraniana, Mizan.
Colpevole del reato di “guerra contro Dio”
Dopo l’esecuzione, Gholam Ali Sadeghi, a capo della magistratura locale, ha ringraziato la polizia e gli agenti di sicurezza per “aver stabilito l’ordine e la sicurezza e essersi occupati di rivoltosi e delinquenti“. Rahnavard è il secondo manifestante giustiziato dopo Mohsen Shekari, impiccato giovedì scorso a Teheran per il crimine di “guerra contro Dio”, per aver partecipato a un blocco stradale e ferito un Basiji durante le proteste. Stesso reato di cui è stato accusato Rahnavard, condannato a morte il 29 novembre per aver accoltellato a morte due Basiji, Hossein Zeinalzadeh e Danial Rezazadeh, e averne feriti altri quattro a Mashhad, nella provincia di Khorasan Razavi, lo scorso 17 novembre, durante la rivolta in atto dal 16 settembre nel Paese. Come riportato dall’agenzia di stampa della magistratura iraniana, il ragazzo era stato arrestato il 17 novembre mentre cercava di fuggire dal Paese.
Cosa sappiamo
Secondo gli attivisti per i diritti umani, Rhanavard è stato duramente picchiato durante la detenzione, tanto da subire durante l’arresto la frattura di un braccio. Successivamente è apparso sulla Tv di Stato
mentre confessava gli omicidi, secondo gli osservatori e gli attivisti sotto la pressione delle autorità. Sarebbe, invece, “sospesa e rinviata” la pena di morte per Sedarat Madani, 23enne iraniano che avrebbe dovuto essere impiccato ieri. Lo ha riferito su Twitter il suo principale accusatore, l’agente Mohammad Reza Qonbartalib, annunciando di aver perdonato Sedarat. Tuttavia, al momento, la magistratura iraniana non ha confermato la sospensione della condanna.