L’Italia è il Paese, dopo la Polonia, dove si muore di più in Europa a causa dello smog. A certificare il triste primato è l’Agenzia europea dell’ambiente. Secondo il report dell’Aea, nel 2021 nella Penisola sono stati 46.800 i decessi attribuibili all’esposizione al Pm2.5, cioè il particolato sottile che ha dimensioni minori o uguali a 2,5 micron (millesimi di millimetro). La pianura Padana in particolare si conferma una delle aree con l’aria peggiore nel Vecchio continente, con oltre 89 morti ogni 100mila abitanti. Dopo la Polonia, in testa con 47.300 morti, e l’Italia, a fare peggio a livello europeo c’è la Germania, che totalizza 32.300 decessi ogni anno.
L’inquinamento atmosferico della Pianura padana
Dal rapporto emerge che nel 2021 è stata una centralina smog di Cremona a rilevare la concentrazione media annua più alta di polveri sottili del Paese, 26 microgrammi al metro cubo, di un microgrammo superiore ai limiti Ue e di oltre cinque volte superiore alle linee guida dell’Oms. Secondo le stime preliminari nel 2022, le situazioni più problematiche si registrano a Borgomanero (Novara) e Torchiarolo (Brindisi).
“L’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla nostra salute rimane ancora troppo elevato. La notizia positiva è che le autorità a livello europeo, nazionale e locale stanno agendo per ridurre le emissioni attraverso misure come la promozione del trasporto pubblico o della bicicletta nei centri urbani e attraverso l’aggiornamento della legislazione“, commenta la direttrice dell’Aea Leena Yla Mononen.
In Europa quasi 330mila morti all’anno
Nel complesso, dal 2005 al 2021 la situazione è migliorata, con le morti causate dal Pm2.5 nell’Ue a 27 calate del 41%. Ma il 97% della popolazione urbana resta esposto a concentrazioni di Pm2.5 fuori norma, superiori al livello guida stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Secondo l’Aea, in tutta Europa i morti causati dall’inquinamento atmosferico sono quasi 330mila. Di questi, oltre 253mila decessi sono dovute al particolato, a cui vanno aggiunte 52mila morti precoci causate dall’esposizione al biossito di azoto e 22mila derivanti dall’ozono. Mentre Polonia, Italia e Germania vestono la maglia nera, i Paesi nordeuropei – come Islanda, Norvegia, Svezia e Estonia – registrano l’impatto minore a livello europeo.
Oltre ai decessi, avverte l’agenzia, l’inquinamento atmosferico ha un “carico sulla salute significativo”, con una lunga lista di patologie correlate all’esposizione allo smog, dalla cardiopatia ischemica al cancro al polmone, dall’ictus al diabete fino all’asma.
I dati dell’Aea “ci ricordano che nell’Ue l’inquinamento atmosferico rimane il principale problema per la salute legato all’ambiente”, spiega Virginijus Sinkevičius, commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca. “Dobbiamo però fare di più e ridurre ulteriormente i livelli di inquinamento ambientale. Per questo l’Ue deve adottare e attuare rapidamente la proposta di revisione della direttiva sulla qualità dell’aria che mira ad allineare maggiormente le norme dell’Ue alle raccomandazioni dell’Oms”.
L’inquinamento favorisce il Covid
L’inquinamento dovrebbe preoccupare anche per il “forte” legame che sembra esistere tra il particolato atmosferico e la diffusione del Covid. A evidenziarlo è uno studio realizzato da Enea e Università di Roma Tor Vergata, pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment.
Secondo la ricerca, la proteina Spike del Sars-Cov-2, la chiave molecolare che il virus usa per entrare nelle cellule, si lega molto facilmente al Pm 2.5. “Le simulazioni hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato”, scrivono gli autori in una nota.
“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea e coautrice dello studio.
La ricerca di Enea e Tor Vergata
Per mettere alla prova questa ipotesi, i ricercatori hanno verificato la presenza del virus sui filtri per il Pm2.5 presenti nella città di Bologna nell’inverno del 2021 e hanno poi eseguito simulazioni grazie al supercomputer Cresco6 dell’Enea, in grado di effettuare 700mila miliardi di operazioni matematiche al secondo.
Resta però da capire se questa affinità faciliti la diffusione del virus, trasportandolo nell’aria, o se invece ne causi la cattura e l’inattivazione. “Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, sottolinea la ricercatrice.