24 febbraio 2022
Nella notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio 2022, alle ore 4.27 ora italiana, il presidente della Russia, Vladimir Putin, annuncia un’operazione militare in territorio ucraino mentre il consiglio ONU è ancora in corso. La definisce una “operazione speciale per smilitarizzare” il Paese. È l’inizio ufficiale della guerra in Ucraina. Anche se (in Russia) guai a chiamarla “guerra”: si rischia fino a 15 anni di carcere. In appena un mese esatto dallo scoppio del conflitto, sono tante le fasi importanti che hanno caratterizzato questa delicata situazione internazionale.
L’inizio dei negoziati, tra il timore di un nuovo disastro nucleare e una guerra che non riguardi solo l’Ucraina
28 febbraio
A Gomel, in Bielorussia, si tiene un incontro tra le delegazioni di Russia e Ucraina. Si tratta di un primo abbozzo di negoziato. Le trattative durano circa tre ore. Le parti discutono su un tentativo di arrivare a un accordo per un cessate il fuoco e una risoluzione pacifica del conflitto ai confini orientali dell’Europa. Si rivelerà solo il primo di tantissimi tentativi di una riappacificazione. Intanto Volodymyr Zelensky, minacciato da 400 mercenari che avrebbero ricevuto dal Cremlino l’ordine di ucciderlo, lancia un messaggio a tutta l’Europa. “Ci appelliamo all’Unione europea per l’adesione immediata dell’Ucraina attraverso una nuova procedura speciale. Siamo grati ai nostri partner per essere con noi. Ma il nostro obiettivo è di stare insieme a tutti gli europei e, soprattutto, di essere alla pari”.
4 marzo
Nelle ore in cui una fila chilometrica di carri armati si avvicinano sempre di più alla capitale Kiev, l’Ucraina e il mondo intero tremano. I militari russi bombardano, infatti, la centrale nucleare a sei reattori di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. Colpi d’artiglieria e di mitragliatrici pesanti si abbattono sull’impianto, causando l’incendio di una delle sei unità, subito domato dai pompieri. “C’è il rischio di nuova Chernobyl”. Dopo l’attacco, l’Ucraina accusa la Russia di usare il nucleare come arma. Nel frattempo Mosca insinua che Zelensky si trovi in quel momento in Polonia. Kiev smentisce seccamente.
7 marzo
Tantissime multinazionali che scappano dalla Russia: non solo per l’inaccettabile guerra all’Ucraina, ma anche per i gravi risvolti economici e produttivi. Così è fuga da Mosca per tantissime grandi aziende. Tra queste, Ikea, Netflix, Nike e Volkswagen. Ma anche Disney, Lego, Apple, Honda, Toyota, Harley-Davidson. Boeing, Msc Mediterranean Shipping Company, Dhl, Shell, Eni.
Guerra in Ucraina: le sanzioni agli oligarchi russi, il bombardamento a Mariupol
9 marzo
A essere colpiti fortemente dal punto di vista economico sono gli oligarchi russi. Tra i più famosi, probabilmente, c’è Roman Abramovich, i cui beni vengono congelati. Tra questi, naturalmente, c’è anche il Chelsea. Il presidente dei Blues annuncia di volere mettere in vendita il club. Tuttavia il governo inglese decreta che, fino al 31 maggio, il Chelsea non potrà stipulare nuovi contratti con calciatori. Non potranno fare acquisti o cessioni e non potranno rinnovare gli accordi attualmente in essere. La cessione della società viene immediatamente sospesa.
11 marzo
“Sul terreno c’è una guerra, ma noi non siamo in guerra. Non abbiamo una risposta sul teatro di guerra, perché non siamo in guerra sul campo. Ma non escludiamo ulteriori sanzioni: se le cose continuano così sul piano militare prenderemo sanzioni ulteriori”. Lo afferma in questa giornata il presidente della Francia, Emmanuel Macron, al termine del summit informale dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea a Versailles sul conflitto in Ucraina. Ancora adesso si discute se aumentare ulteriormente le sanzioni ai danni della Russia.
14 marzo
Muore la donna incinta ucraina fotografa all’ospedale pediatrico di Mariupol, che era stato bombardato cinque giorni prima. Quello scatto diventa (e sarà inevitabilmente) una delle foto simbolo di quella tragedia della guerra. La donna fu fotografa da Evgeniy Maloletka distesa su una barella, mentre si teneva con le mani il grembo insanguinato. Un’altra donna, Marianna Pidhurska, la beauty blogger fotografata con il pigiama a pois mentre scendeva le scale tra le macerie la sera del 10 marzo, dà invece alla luce una bambina.
Il coraggio di una giornalista e il discorso di Putin allo stadio di Mosca
Sempre in quella giornata, si rivelerà protagonista un’altra donna. Durante l’edizione serale del telegiornale Vremya, Marina Ovsyannikova fa irruzione nello studio e, alle spalle della conduttrice Ekaterina Andreeva, esibisce un cartello contro la guerra: “Fermate la guerra. Non credete alla propaganda, qui vi stanno mentendo”. Pochi secondi. Poi la regia lancia un servizio e interrompe il collegamento dallo studio. Tanto basta, però, a far diventare quest’eroica iniziativa virale sul web, aggirando perfino il tentativo dell’emittente statale di cancellare ogni traccia di quanto accaduto bloccando il download delle repliche del tg dal servizio di streaming online della rete. Verrà arrestata (e rilasciata dopo 14 ore di interrogatorio) e bollata pubblicamente come una spia britannica.
16 marzo
Un termine con il quale noi italiani ci avevamo fatti l’abitudine tra novembre 2020 e giugno 2021, durante la seconda ondata del Covid, si ripresenta in pieno nella tragedia della guerra in Ucraina: coprifuoco. Uno degli ultimi, in ordine di tempo, viene imposto dal sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, a partire da quella sera per un totale di 36 ore in tutta la città, ormai assediata. In quelle ore sale a quattro il bilancio delle vittime tra gli operatori dei media che negli ultimi giorni sono morti in Ucraina a causa della guerra.
Il primo è stato Viktor Dudar, giornalista investigativo di Leopoli, morto lo scorso 6 marzo a Mykolaiv in una battaglia contro le milizie di Putin. Il secondo reporter caduto dall’inizio della guerra è lo statunitense Brent Renaud, ucciso il13 marzo. Dopo il bombardamento d’artiglieria nella parte nord-est del villaggio di Gorenki, nella regione di Kiev, a cadere sotto i colpi di mortaio o di artiglieria sono poi la giornalista ucraina Oleksandra Kurshinova e il cameraman Pierre Zakrzewski.
18 marzo
È il giorno del discorso alla nazione di Vladimir Putin in occasione dell’anniversario dell’annessione della Crimea alla Federazione russa. Sul palco allestito nello stadio Luzhniki di Mosca, lo ‘zar’ si presenta per la prima volta davanti a una folla dallo scoppio della guerra in Ucraina. Sono tanti i dettagli del presidente russo che hanno colpito l’opinione pubblica. Da una parte c’è sicuramente il contenuto del discorso, intriso di retorica, in cui il presidente russo sostiene l’esercito russo. Inoltre, c’è anche il “problema tecnico” durante la messa in onda, che interrompe per qualche minuto le sue parole. Putin indossa, inoltre, un maglione a collo alto color crema, un giubbotto antiproiettile e sopra un giaccone blu scuro da oltre 12mila euro. Abbigliamento appartenente a una vecchia collezione di Loro Piana. L’azienda ne prenderà le distanze.
22 marzo
Volodymyr Zelensky parla al Parlamento italiano, riunito in sede plenaria. Lo aveva già fatto (ovviamente in collegamento) con Unione Europea, Germania, Francia, Israele e Canada. Il leader ucraino ricorda che le “città ucraine sono distrutte, alcune del tutto” e che in alcune aree del Paese si seppelliscono i morti in fosse comuni nei parchi: “Tutto questo succede nel 2022”. Zelensky cita l’esempio di Mariupol, centro marittimo che contava oltre mezzo milione di abitanti. Città, ha detto alla Camera, paragonabile a Genova: “Immaginate la vostra Genova completamente bruciata”. Subito dopo, nell’Aula di Montecitorio, Mario Draghi gli replicherà: “L’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione Europea”.