La guerra in Ucraina l’ha voluta Vladimir Putin, non il popolo russo. È questo il messaggio che nelle ultime ore molti cittadini russi in tutto il mondo stanno cercando di far trasmettere all’opinione pubblica. Dal 24 febbraio, giorno dell’invasione delle truppe di Mosca, nel mondo è infatti cresciuto l’astio nei confronti della popolazione della Federazione Russa, “rea” di non aver ostacolato i piani del Cremlino.
Anche in Russia si protesta contro la guerra in Ucraina: migliaia di arresti
O, addirittura, di aver supportato l’attacco. Ma non è affatto così. Lo ha raccontato ai microfoni di Newsby anche il professor Giovanni Savino, che in questa intervista ha spiegato come molti russi siano contrari al conflitto. Lo certificano poi le migliaia di manifestanti che da giovedì affollano le piazze delle principali città russe per protestare contro la guerra.
Manifestazioni che proseguono nonostante la polizia arresti centinaia di persone al giorno. Secondo l’associazione russa per i diritti umani OVD-Info, sarebbero già finite in manette ben 4.124 persone dal giorno dell’invasione dell’Ucraina. Solo domenica pomeriggio gli arresti sono stati oltre mille in 44 città e dei video mostrano la polizia in tenuta antisommossa che a San Pietroburgo trascinano i dimostranti sui furgoni.
Nel mirino della autorità sono finiti anche alcuni giornalisti impegnati nel raccontare le manifestazioni in Russia. Proteste che, proprio ieri, si sono incrociate con quelle in ricordo di Boris Nemtsov, ex vice premier di Boris Eltsin, ucciso da un sicario il 27 febbraio 2015 a Mosca. Nemtsov, all’epoca fra i principali oppositori di Putin, si è sempre opposto con fermezza all’annessione della Crimea del 2014.
I sondaggi prima dell’invasione: il 66% dei russi temeva un conflitto
Ancora prima dello scoppio della guerra, un sondaggio rivelava che il 65-66% dei russi temeva il conflitto e il 58% non lo voleva. Secondo Lev Gudkov, presidente di Levada Tsentr, l’istituto demoscopico indipendente più autorevole della Russia, la maggioranza della popolazione locale riteneva “assurdo” e “senza motivo” uno scontro armato con l’Ucraina.
A spaventare erano soprattutto le conseguenze economiche della guerra e delle sanzioni dell’Occidente contro la Federazione Russa. Perché, come spesso accade in questi casi, è il popolo a pagarne il prezzo più caro. Basti pensare che questa mattina, in apertura dei mercati asiatici, il valore del rublo è crollato del 30% e la banca centrale russa ha annunciato che oggi la Borsa di Mosca rimarrà chiusa.
La prof. Kuznetsova: “Putin abusa della mia lingua, ma non parla a nome mio”
Fra i tanti appelli dei russi contrari alla guerra in Ucraina spicca quello della professoressa dell’Università di Birmingham Irina Kuznetsova, che nel 2014 ha lasciato la sua patria per trasferirsi nel Regno Unito. Kuznetsova ha firmato sul New York Times un fondo intitolato “Questa guerra non è a nome mio”. Nell’articolo la docente universitaria critica aspramente le scelte linguistiche con cui Putin ha annunciato l’invasione.
“Mi fa male, fisicamente, il modo in cui Putin abusa della mia lingua – scrive Kuznetsova –. La ruba per fingere di difendere i diritti dei nativi russi. Il russo è la mia lingua madre. La lingua che parlo ai miei bambini. E non voglio che diventi il linguaggio della guerra. Ma purtroppo è ciò che è diventato”.
“Queste parole non offriranno conforto a chi è sotto attacco in Ucraina, ma il minimo che i cittadini russi come me possono fare è non rimanere in silenzio, anche se distanti – conclude –. Rimpiango solo di non aver alzato la voce quando tutto questo è cominciato nel 2014”.