Guerra Israele-Gaza, Hamas è come l’Isis?

Dopo l’offensiva lanciata da Hamas lo scorso 7 ottobre contro Israele, si è tornati a paragonare il movimento palestinese che controlla la Striscia di Gaza dal 2007 all’Isis, lo Stato islamico nato nel 2014 che ha sparso sangue e terrore anche in Europa.

Appena ieri il presidente americano Joe Biden, in visita in Israele, ha ribadito l’equazione: “Ha compiuto orrori che al paragone quelli dell’Isis appaiono più ragionevoli”. Parole a cui hanno fatto eco quelle del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che sin dal primo giorno ha detto di considerare “Hamas come l’Isis” e come tale “deve essere schiacciato”. Proprio “come si sono unite per sconfiggere l’Isis, le forze della civiltà devono supportare Israele per sconfiggere Hamas”. Discorsi a cui il primo ministro in vero non è nuovo.

Già nel 2014, dopo la brutale uccisione del giornalista americano James Foley da parte dei miliziani dello Stato Islamico, Netanyahu aveva sostenuto che “Hamas è l’Isis e Isis è Hamas”. Entrambi i gruppi sono “nemici della pace e nemici di Israele”. Sono “sono rami dello stesso albero”.

Parole che sono risuonate anche in questi giorni nelle cancellerie europee come a Bruxelles. “Le immagini e le informazioni provenienti dalla regione ci ricordano le peggiori atrocità commesse dall’Isis”, ha detto la scorsa settimana il portavoce della Commissione europea Peter Stano.

Anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani è ricorso al paragone: “Sono come l’Isis”, ha detto. “Sono assassini, terroristi” che “utilizzano la popolazione palestinese come scudo”.

Hamas come Isis? I rischi dell’equazione

Interrogarsi sul fatto che Hamas sia equiparabile o meno allo Stato islamico non è un esercizio meramente teorico. Ne discendono conseguenze sul piano pratico, a cominciare dalla risposta che Israele può mettere in campo contro il movimento palestinese, dove vivono circa 2,2 milioni di palestinesi, di cui la metà ha meno di 15 anni.

Se “Hamas è l’Isis”, allora lo scopo di Israele è l’eliminazione del movimento – la rimozione dal potere a Gaza – come hanno fatto gli Stati Uniti e gli alleati con lo Stato islamico a Mosul nel 2016 e in altre città dell’Iraq. Uno scenario che apre la strada inevitabilmente all’invasione di terra, con tutte le conseguenze che implica per la popolazione civile, già stremata da dieci giorni di assedio totale. Lo ha spiegato il giornalista David French in un editoriale sul New York Times “cosa significa trattare Hamas come l’Isis”.

Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas
Ismail Haniyeh | Foto EPA/DALATI NOHRA – Newsby.it

L’ingresso dei tank e dei soldati israeliani con scontri porta a porta avrebbe un costo per i civili inimmaginabile. Un bagno di sangue che Israele, Paese democratico vincolato al diritto umanitario internazionale, non può permettersi. La battaglia per Mosul, ricorda French, dopo nove mesi di combattimenti, è stata vinta dalle forze alleate e la città irachena liberata dall’Isis. Al costo di 11mila civili morti.

A sfavore di un’operazione di terra c’è poi l‘asimmetria tra le due forze in campo. I miliziani di Hamas non sono vincolati alle leggi di guerra, usano la popolazione come scudo, si infiltrano nelle scuole, negli ospedali e nelle moschee. Di fatto “i civili sono il principale asset miliare di Hamas”, osserva il quotidiano americano.

Le differenze tra Hamas e lo Stato islamico

Per tentare di dare una risposta occorre chiarire cosa sono Hamas e lo Stato Islamico. Si può iniziare col dire che, nel caso dei due gruppi, l’equazione secondo cui “il nemico del mio nemico è mio amico” non funziona. Perché se è vero che entrambi odiano Israele è altrettanto vero che si odiano l’uno l’altro. Secondo diversi analisti, lo slogan “Hamas è come Isis” ignora differenze sostanziali.

Hamas, che è nato nel 1987 durante la prima intifada (rivolta) palestinese, fa parte della Fratellanza musulmana, è un movimento palestinese di matrice islamica. Per statuto mira alla distruzione di Israele e aspira alla creazione di uno Stato islamico nell’area che include Gaza, la Cisgiordania e Israele stesso.

Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria fondato nel 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi dalla “costola” di al Qaeda in Iraq, appartiene alla corrente salafita dell’Islam, integralista e fondamentalista. Punta a ricreare attraverso la jihad, la guerra santa, il Califfato islamico con l’imposizione della Sharia.

A dividerli è l’“intransigenza” del primo e il “pragmatismo” del secondo, osserva Scott Kleinmann del King’s College London, citato dal Times of Israel. Ciò che ha permesso al movimento palestinese di partecipare alle elezioni del 2006 prima di prendere il controllo di Gaza.

Un aspetto, quello del pragmatismo, che viene rimosso nella visione secondo cui Hamas è uguale all’Isis. A differenza dello Stato islamico, “con Hamas puoi trattare e Israele lo ha fatto più volte. Confondere le due cose rischia di far perdere opportunità” sia in termini di contenimento che di un negoziato, nota d’altra parte Daniel Byman, analista del The Brookings Institution e professore alla Georgetown University.

Miliziani dell'Isis
Miliziani dell’Isis | Foto Dabiq

Un altro aspetto che li distingue è il nazionalismo palestinese che contraddistingue Hamas e non appartiene all’Isis, nota ancora Byman. “Lo Stato islamico rigetta il nazionalismo e crede che tutti i musulmani debbano combattere per l’Ummah, la comunità islamica globale”.

Negli anni i metodi dei miliziani di Hamas si sono radicalizzati, dagli attentati suicidi sui bus degli inizi al lancio di razzi fino all’attacco dello scorso 7 ottobre contro Israele, così cruento da ricordare le esecuzioni brutali dell’Isis. Eppure i due gruppi restano incommensurabili anche da questo punto di vista, secondo Kleinmann. La dirigenza del movimento palestinese non ha mai approvato la violenza sanguinaria e indiscriminata dello Stato islamico. Né ha mai imposto a Gaza la legge islamica con la forza.

Isis considera Hamas un “apostata”, che ha tradito i palestinesi, imprigiona i suoi miliziani e accetta il sostegno politico e i finanziamenti degli sciiti di Teheran e di Hezbollah in Libano. Oltre che dichiararsi guerra, i due gruppi si sono scontrati più volte, in particolare nel Sinai.

A differenza dello Stato Islamico, Hamas ha un radicamento sul territorio grazie soprattutto a un welfare sociale parallelo che da anni garantisce servizi di base alla popolazione attraverso una rete di assistenza socio-religiosa: cure mediche, istruzione, aiuti alimentari.

La confusione tra i due gruppi, entrambi riconosciuti come organizzazioni terroristiche da Israele e Usa, oscura un altro fatto che invece andrebbe tenuto in considerazione. In gran parte del Medio Oriente, Hamas non è considerato una forza del terrore alla stregua dell’Isis o di al Qaeda. Piuttosto è percepito come un prodotto dell’occupazione decennale da parte di Israele. Da qui le piazze che in questi giorni si sono infiammate, dopo il raid sull’ospedale Ahli Arab Baptist di Gaza, che ha ucciso centinaia di persone. Un’invasione di terra non farebbe che esacerbare ulteriormente l’odio nei confronti di Israele.

Se le forze israeliane dovessero effettivamente entrare a Gaza, sarà “un disastro annunciato”, prevede Gideon Levy sul quotidiano israeliano Haaretz. L’operazione, dice, è destinata a “finire in un fiasco” e in una “carneficina di massa”.

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