Gaza, l’accusa di Biden: “Netanyahu non sta facendo abbastanza per l’accordo”

Le parole del presidente non sono piaciute al governo israeliano e un alto funzionario le ha definite “particolarmente pericolose”

In seguito al ritrovamento dei corpi di sei ostaggi israeliani, Benjamin Netanyahu, il primo ministro di Israele, ha dovuto fare i conti con il malcontento di parte della popolazione. Alle accese proteste dello scorso weekend ha fatto seguito uno sciopero generale durato per l’intera giornata di lunedì 2 settembre e ora alle voci indignate si è unita anche quella del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. L’inquilino della casa bianca ha accusato il premier israeliano di “non fare abbastanza per trovare un accordo” per la fine della guerra a Gaza e la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas.

La reazione all’accusa di Biden

L’amministrazione Biden sta lavorando ormai da mesi a un possibile accordo in grado di porre fine alle ostilità a Gaza, affiancata dai mediatori dell’Egitto e del Qatar, anche perché tra gli ostaggi di Hamas ci sono alcuni cittadini americani. Il rimprovero del presidente degli Stati Uniti ha quindi un peso importante, perché proviene da una persona che conosce retroscena sulle trattative di cui pochi altri sono al corrente. Le parole di Biden non sono piaciute al governo di Netanyahu e un alto funzionario le ha definite “particolarmente pericolose”, perché pronunciate “solo pochi giorni dopo che Hamas ha giustiziato sei ostaggi israeliani, tra cui un cittadino americano”, ossia Hersh Goldberg-Polin. “È sconcertante che il presidente Biden stia facendo pressioni sul primo ministro”, ha aggiunto.

Netanyahu alle famiglie degli ostaggi morti: “Vi chiedo perdono”

Dal canto suo, Netanyahu ha ribadito di essere impegnato a raggiungere un accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi, trattenuti da quasi undici mesi nell’enclave palestinese. Secondo quanto ha dichiarato, Hamas non sarebbe altrettanto propensa a trovare un compromesso. Nel corso di una conferenza stampa, la prima concessa dall’inizio dello sciopero, il primo ministro ha ricordato che Israele ha “acconsentito alla formula presentata il 31 maggio dal presidente Biden” e anche alla “proposta ponte” del 16 agosto. Hamas, invece, le ha respinte entrambe.

Benjamin Netanyahu durante una conferenza stampa
Benjamin Netanyahu durante una conferenza stampa | EPA/OHAD ZWIGENBERG / POOL – Newsby.it

Netanyahu si è poi rivolto alle famiglie dei sei ostaggi che l’esercito israeliano non è riuscito a salvare: “Vi chiedo perdono per non essere riuscito a riportarli indietro vivi. Ci siamo andati molto vicini, ma abbiamo fallito”. Ha poi promesso che Hamas “pagherà un prezzo caro” e ha chiesto al Paese che rappresenta di restare unito di fronte a un “nemico brutale e feroce”.

Le parole del primo ministro non sono bastate per impedire a migliaia di persone di scendere in piazza per il terzo giorno consecutivo e chiedere a gran voce una svolta verso l’accordo. Nei pressi della residenza di Netanyahu a Gerusalemme sono state arrestate almeno dieci persone intente a protestare. In un secondo momento, il raduno è stato dichiarato illegale e i poliziotti hanno disperso i manifestanti ricorrendo a idranti e unità a cavallo. Di fronte a un’altra residenza di Netanyahu, a nord di Tel Aviv, varie persone hanno urlato uno slogan: “Non c’è più tempo! Riportateli a casa!”.

Hamas punta il dito verso Netanyahu

A rendere la situazione ancora più tesa ci ha pensato un nuovo messaggio di Hamas che ha incolpato Netanyahu della situazione di stallo che si protrae da mesi. “L’insistenza sul rilascio dei prigionieri tramite la pressione militare, invece di concludere un accordo, significherà che gli ostaggi verranno restituiti alla famiglie all’interno delle loro bare”, ha dichiarato Abu Odebiuda, portavoce delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas.

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