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“Il governo di Gaza, viste le violenze di questo mese a Gerusalemme e nella moschea di Al-Aqsa, aveva dato un ultimatum che non è stato preso in considerazione. A quel punto, alle 18:03, sono arrivati i primi missili direttamente su Gerusalemme“. Questo l’inizio del racconto da Betlemme di Meri Calvelli, responsabile del progetto Green Hopes Gaza per l’Ong ACS (Associazione di cooperazione e solidarietà).
Gaza, “Duro e inopportuno il primo bombardamento”
“Da quel momento è scoppiata la risposta immediata israeliana, con gli F16 sulla striscia di Gaza – ha proseguito Calvelli –. Il primo bombardamento è stato duro e anche abbastanza inopportuno, perché ha colpito un terreno dove stavano giocando i bambini. L’attacco quindi è arrivato senza vedere che cosa stavano colpendo, e i primi a cadere sono stati proprio questi bambini. Nel giro di tre ore l’aviazione militare israeliana aveva già fatto oltre 20 vittime“.
Meri Calvelli spiega quindi cosa si prefigge di fare il progetto umanitario della sua Ong: “Uno dei progetti che stiamo portando avanti sulla striscia di Gaza è la riabilitazione di un quartiere disastrato, un’area diventata una discarica in seguito alla guerra e ai bombardamenti del 2014. La popolazione non ha avuto casa per almeno cinque anni. La cooperazione italiana ha ricostruito le case per circa 15 mila abitanti. Tutti questi sfollati avevano, diciamo, ripreso a vivere in vere case e lasciato le baracche da circa un anno“.
Il progetto umanitario dovrà attendere
Il lavoro da fare è ancora tantissimo: “Noi, come Ong, avevamo iniziato a costruire un parco polifunzionale con impianti sportivi, uno skate park e un circo. Il progetto si chiama Green Hopes Gaza e non è ancora terminato. Ci stavamo lavorando proprio in questo periodo, dopo essere stati fermi a causa del Covid“.
Inevitabilmente, però, il progetto Green Hopes Gaza ha subito una pesante battuta d’arresto a causa dei drammi dell’attualità. “Proprio in questo periodo avevamo ripreso i lavori per finire la costruzione di questo parco. E all’interno di questo progetto ci occupiamo anche di formazione e lavoriamo soprattutto con i giovani. Proprio perché sono loro a pagare di più questa situazione di chiusura. Poi chiaramente il finale poteva essere diverso, visto che ora come ora arrivano loro le bombe in testa“, conclude con amarezza Meri Calvelli.