Almeno all’apparenza all’opposto, tra eventuali aperture all’Occidente e obbligo del velo per le donne, ecco chi si contenderà il prossimo 5 luglio la presidenza del Paese
Il 19 maggio scorso, la morte improvvisa dopo un incidente in elicottero del presidente Ebrahim Raisi ha costretto l’Iran a convocare elezioni presidenziali anticipate. L’affluenza alle urne al voto del 28 giugno, utile a decidere chi succederà l’ex presidente deceduto, ha toccato un minimo storico dal 1979, ovvero dalla nascita della Repubblica Islamica, con solo il 40% degli aventi diritto al voto che si sono recati alle urne. Questo dato riflette un profondo senso di disillusione e contestazione tra la popolazione, peggiorando quello di tre anni prima, il più basso fino a quel momento. Dopo il primo turno elettorale, sono emersi due candidati principali che si contenderanno la presidenza nel ballottaggio del 5 luglio: il riformista Massoud Pezeshkian e l’ultraconservatore Saeed Jalili, almeno all’apparenza, all’opposto su molti temi che interesseranno il futuro del Paese.
Massoud Pezeshkian: il riformista moderato
Massoud Pezeshkian, 69 anni, è un medico di origine azera e un ex ministro della Salute. Semi-sconosciuto al grande pubblico prima della sua candidatura, Pezeshkian ha rapidamente guadagnato consensi, risultando il candidato più votato al primo turno con il 43% delle preferenze, superando di cinque punti il suo avversario Jalili. La sua carriera politica include due decenni come parlamentare e un ruolo significativo sotto l’ex presidente riformista Mohammad Khatami, dove ha servito come ministro della Sanità.
Pezeshkian è noto per la sua posizione moderata e riformista. Durante le proteste nazionali seguite alla morte della giovane curda Mahsa Amini nel 2022, si è espresso apertamente contro la mancanza di trasparenza del governo. È un sostenitore dell’accordo sul programma nucleare iraniano (Jcpoa) e ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti. Pur sostenendo i principi fondamentali del regime, ha criticato l’amministrazione di Raisi per la sua incapacità di risolvere i problemi del paese e ha accusato i conservatori di aver danneggiato l’economia non riuscendo a rilanciare il Jcpoa.
Pezeshkian ha ricevuto l’appoggio di figure influenti come Khatami e l’ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Sebbene sia critico sull’obbligo del velo per le donne, non ha mai richiesto la sua abrogazione, mostrando una linea di apertura su temi sociali ma rimanendo fedele alla leadership suprema di Ali Khamenei.
Saeed Jalili: l’ultraconservatore intransigente
Dall’altro lato della competizione c’è Saeed Jalili, 58 anni, considerato uno dei politici più oltranzisti del paese. Ex segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza, Jalili ha guidato i negoziati sul nucleare dal 2007 al 2013, opponendosi fermamente alla ripresa dei colloqui per ripristinare l’accordo del 2015. Nato a Mashhad, la stessa città natale di Khamenei, Jalili ha ottenuto un dottorato di ricerca all’Università Imam Sadegh, un’importante istituzione ideologica del regime. È soprannominato “il martire vivente” per aver perso una gamba durante la guerra Iran-Iraq come membro dei Basij, la forza paramilitare iraniana.
Jalili promuove una politica autarchica ed estremamente conservatrice, caratterizzata da un forte islamismo e libertà sociali molto limitate. La sua visione dell’economia di resistenza si oppone a qualsiasi negoziato con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, che considera la principale causa delle tensioni nella regione. Membro del Consiglio per il discernimento, l’organo consultivo principale della Guida Suprema, Jalili ha già tentato la corsa alla presidenza nel 2013 e nel 2021, senza successo.
Il contesto elettorale e le sfide future
Le elezioni presidenziali di quest’anno hanno registrato una partecipazione particolarmente bassa, solo il 40% degli aventi diritto al voto si è recato alle urne, un dato che evidenzia la crescente disillusione e sfiducia nel processo elettorale tra gli iraniani. Questa scarsa affluenza è anche un segnale delle profonde divisioni politiche e sociali all’interno del paese.
Il ballottaggio del 5 luglio sarà decisivo per il futuro dell’Iran. Da una parte, Pezeshkian rappresenta una possibilità di apertura e riforma, sostenendo una maggiore trasparenza del governo e migliori relazioni internazionali, in particolare con l’Occidente. Dall’altra, Jalili incarna una visione di continuità con le politiche ultraconservatrici e autarchiche, con un forte orientamento verso l’islamismo e il controllo sociale.
Il risultato del ballottaggio determinerà non solo la direzione politica dell’Iran, ma avrà anche un impatto significativo sulle relazioni internazionali del paese, in particolare riguardo al delicato equilibrio del programma nucleare iraniano e alle sanzioni economiche. Gli elettori iraniani sono ora chiamati a fare una scelta cruciale, che potrebbe definire il futuro del paese per gli anni a venire.