Da Soleimani all’ex presidente Usa, cosa lega il tycoon al generale iraniano morto nel gennaio del 2020 da un attacco aereo statunitense
Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno ricevuto informazioni di intelligence riguardo un complotto iraniano per assassinare l’ex presidente Donald Trump. Questa notizia, riportata dalla CNN, ha suscitato preoccupazioni e sollevato numerose domande sulla sicurezza nazionale, soprattutto dopo quanto accaduto al tycoon in Pennsylvania.
Il contesto
Secondo quanto riferito, non vi sono prove che il giovane di vent’anni che ha tentato di assassinare Trump sabato scorso sia coinvolto nel complotto iraniano. Tuttavia, l’Iran ha più volte dichiarato la sua intenzione di vendicare la morte di Qassem Soleimani, il comandante della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, ucciso in un attacco con drone ordinato da Trump nel gennaio 2020.
Qassem Soleimani, un influente generale iraniano di 62 anni, è stato ucciso il 3 gennaio 2020 in un attacco aereo statunitense mentre si trovava presso l’aeroporto internazionale di Baghdad. La sua morte ha inasprito le tensioni tra Stati Uniti e Iran, e ha spinto Teheran a promettere ritorsioni contro coloro che riteneva responsabili, inclusi alti funzionari dell’amministrazione Trump.
L’attentato di Butler e il coinvolgimento del Secret Service
Sabato 13 luglio, Donald Trump è stato ferito ad un orecchio da un cecchino ventenne, Thomas Matthew Crooks, durante un comizio a Butler, Pennsylvania. Sebbene non vi siano indicazioni che Crooks fosse collegato al complotto iraniano, le informazioni ricevute dall’intelligence hanno spinto il Secret Service ad aumentare le misure di sicurezza intorno all’ex presidente.
Le falle nel sistema di sicurezza a Butler sollevano interrogativi significativi: nonostante l’allerta, Crooks è riuscito a posizionarsi su un tetto a soli 150 metri dal palco di Trump. Questo incidente mette in discussione l’efficacia delle misure di sicurezza messe in atto dai Servizi Segreti e dalle forze di polizia locali.
Le reazioni e le misure di sicurezza
Il National Security Council e il Secret Service erano già a conoscenza delle minacce prima del comizio di sabato. “Il Secret Service ha appreso della minaccia crescente”, ha dichiarato una fonte alla CNN. “Il National Security Council e i Servizi Segreti si sono confrontati ad un alto livello per assicurarsi che il monitoraggio continuasse. Il Secret Service ha condiviso queste informazioni con la campagna di Trump, informandola di una minaccia in evoluzione.”
Adrienne Watson, portavoce del National Security Council, ha ribadito che le minacce iraniane contro gli ex funzionari dell’amministrazione Trump sono monitorate da anni. “Queste minacce derivano dalla volontà dell’Iran di vendicarsi per l’uccisione di Qassem Soleimani”, ha affermato Watson. “Consideriamo questa una questione di sicurezza nazionale di massima priorità.”
Le risorse impiegate dagli Stati Uniti
Per fronteggiare le minacce iraniane, gli Stati Uniti hanno investito risorse significative per ottenere informazioni aggiuntive, fermare gli individui coinvolti e migliorare i sistemi di protezione dei potenziali bersagli. Inoltre, gli Stati Uniti hanno collaborato con partner stranieri e hanno avvertito direttamente l’Iran delle conseguenze di tali minacce.
La posizione del Secret Service
Il Secret Service ha confermato di aver aumentato le misure di sicurezza per proteggere Trump in risposta alla minaccia crescente. Tuttavia, la campagna di Trump ha scelto di non commentare i dettagli specifici delle misure di sicurezza, rimandando tutte le domande al Secret Service degli Stati Uniti.
Anthony Guglielmi, portavoce del Secret Service, ha dichiarato che l’agenzia riceve costantemente nuove informazioni su potenziali minacce e adegua le risorse di conseguenza. “Non possiamo commentare alcun flusso specifico di minacce, se non per dire che il Secret Service prende sul serio le minacce e risponde di conseguenza”, ha affermato Guglielmi.