Clima sempre più pesante nelle Filippine, dove all’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Coronavirus si accompagna sempre più una vera e propria emergenza sociale. Che il presidente Rodrigo Duterte ha promesso di sedare in maniera anche sanguinosa, se necessario.
Luzon, la principale isola della nazione, ospita circa 57 milioni di cittadini che per legge sono attualmente sottoposti a un severo regime di quarantena. Questo non ha però impedito a una piccola folla di riunirsi mercoledì nella capitale Manila, dove sono esplose le proteste per la mancanza di rifornimenti di cibo che si registra da quando è partito il lockdown due settimane fa.
L’amministrazione ha respinto al mittente tali accuse, mentre le forze dell’ordine hanno sedato in maniera brutale le proteste: si sono infatti verificati scontri, terminati con l’arresto di una ventina di persone che si erano rifiutate di fare ritorno nelle rispettive abitazioni.
La minaccia di Rodrigo Duterte: “Sparate per uccidere”
Una situazione che il presidente Rodrigo Duterte ha promesso di affrontare con il pugno di ferro, nel caso in cui si verificasse di nuovo. “Non avrò alcuna esitazione, ho dato mandato alla polizia, ai militari e ai vari pubblici ufficiali dei vari villaggi di sparare alle persone. Di sparare per uccidere. Questo è ciò che faranno se dovessero esserci problemi o situazioni in cui la violenza mettesse in pericolo la vita degli altri“, ha minacciato Duterte in un messaggio televisivo pronunciato in parte in inglese e in parte in filippino. E ha poi aggiunto: “Non minacciate il governo, non lo sfidate. Perdereste“.
Coronavirus nelle Filippine: i numeri dei contagi
I dati raccolti dalla ‘Johns Hopkins’ e citati dalla ‘CBS’ parlano di 2633 casi confermati di Coronavirus nelle Filippine, con 107 morti accertate. Cifre decisamente inferiori rispetto ad altri Paesi di pari dimensioni, ma che non hanno impedito a Rodrigo Duterte, uno dei più controversi tra i leader mondiali, di sfoderare il pugno di ferro in una escalation di paura e restrizioni.
Che nelle zone del mondo in cui si concentrano i governi più autoritari stanno lasciando spazio a dolorose rinunce delle libertà individuali dei cittadini in cambio della salute pubblica.