Il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha aperto alla possibilità di imporre il divieto al consumo di carne di cane nel Paese. Lo riporta la Cnn, specificando come Moon non abbia mai nascosto il suo amore per i cani, tanto da possederne diversi nella sua residenza presidenziale, incluso uno che ha adottato dopo il suo insediamento. L’adozione di Tory era una delle sue promesse elettorali, ed è diventato il primo cane strappato a un destino alimentare ad entrare nella Casa Blu, il palazzo presidenziale.
Una tendenza in calo in Corea del Sud
Secondo le stime, in Sud Corea vengono uccisi oltre 1 milione di cani ogni anno. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni le statistiche solo in calo. I cittadini sono infatti sempre più inclini a preferirli come animali domestici, piuttosto che nel piatto. A Seoul, le statistiche ufficiali mostrano che il numero di ristoranti che servono cani è diminuito del 40% tra il 2005 e il 2014, principalmente a causa della riduzione della domanda. Secondo un sondaggio citato da Humane Society International, circa l’84% dei 51,5 milioni di abitanti della Corea del Sud ne disapprova il consumo.
Tuttavia, il Sud Corea si trova ancora in una zona grigia per quanto riguarda il consumo di cani. Questi infatti, pur essendo considerati cibo, non sono classificati come bestiame. Ciò significa che la loro macellazione non è regolata dalle leggi governative, lasciando molta libertà agli allevamenti di cani nel Paese.
La situazione dei cani nel mondo
Il cambio di rotta della Corea del Sud è certamente una nota positiva che potrebbe risollevare le sorti di questi animali anche nel resto del mondo. Soprattutto nei paesi asiatici la situazione è particolarmente drammatica. Si stima che circa 30 milioni di cani vengano uccisi ogni anno per il consumo umano in tutta l’Asia in un commercio brutale che comporta terribili crudeltà verso gli animali. Da 10 a 20 milioni di cani vengono macellati in Cina, 1 milione in Indonesia e circa 5 milioni in Vietnam.
I cani sono inoltre da anni allevati per le lotte clandestine che ne causano la morte di circa 16.000 esemplari ogni anno. Una situazione che colpisce anche l’Italia. Benché le lotte clandestine nel nostro Paese siano vietate, i cani addestrati per combattere sarebbero attualmente circa cinquemila, per un giro d’affari di circa 300 milioni di euro all’anno.