L’export dell’Italia verso la Cina, secondo Bloomberg – multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo – si è triplicato in poco più di anno, guidato principalmente dai prodotti farmaceutici.
Da febbraio 2023 le esportazioni dal Belpaese alla Cina hanno superato i tre miliardi di euro (3,3 miliardi di dollari), con un aumento del 131% rispetto all’anno precedente. Questo segue un altro balzo del 137% registrato mese precedente. A titolo di confronto, nel gennaio 2022 l’Italia ha esportato circa un miliardo di euro di beni e servizi verso la seconda economia mondiale.
C’è un però: ad oggi gli esperti faticano a spiegarne il motivo! Un tale boom, anche se in linea con i due anni di boom di export italiano all’estero, sarebbe difficile da spiegare in circostanze normali, poiché con la guerra Russia-Ucraina e gli sconvolgimenti della catena di approvvigionamento che alterano i flussi commerciali tradizionali, è un mistero questo incremento record.
Considerando la situazione politica, l’Italia è probabilmente l’unico Paese del G7 ad aver aderito al maxi piano di investimenti promosso dalla Cina, la Belt and Road Initiative, ma i benefici economici di questa alleanza, nata nel 2019, sono stati fino ad oggi limitati.
Inoltre, le relazioni tra i due Paesi si erano già raffreddate ai tempi di Mario Draghi premier e il suo successore, Giorgia Meloni, ha informato il Dipartimento di Stato USA che sta valutando il ritiro dal controverso accordo con la Cina entro la fine dell’anno.
La crescente domanda di UDCA da parte della Cina
Il fatto è che i dati positivi dell’export italiano in Cina sono riconducibili a un settore specifico, ovvero quello farmaceutico e, per essere più precisi, medicinali costituiti da prodotti miscelati o non miscelati per uso terapeutico o profilattico, presentati in dosi misurate.
Le esportazioni di questo gruppo di prodotti sono salite a febbraio a 1,84 miliardi di euro da 98,5 milioni di euro dell’anno precedente e rappresentano quasi due terzi di tutte le esportazioni italiane in Cina.
I media italiani hanno ipotizzato che la forza trainante sia dovuta alla crescita record della domanda cinese di UDCA, abbreviazione di acido ursodesossicolico, è il principio attivo di un farmaco indicato per sindromi epatiche e biliari utilizzata soprattutto nei farmaci per il fegato e che si sostiene – senza motivo – che aiuti a prevenire la Covid.
L’improvvisa fine della strategia Zero Covid della Cina e la conseguente diffusione a macchia d’olio del virus in tutto il Paese potrebbero essere alla base del boom delle esportazioni, anche se la stragrande maggioranza della popolazione cinese sembra essersi ammalata di Covid a dicembre e gennaio, il che significa che si sarebbe ripresa prima che le esportazioni italiane iniziassero ad aumentare.
Però la domanda di UDCA non spiega il picco delle esportazioni: l’Industria Chimica Emiliana (Ice Srl), azienda italiana che è la più grande produttrice al mondo di UDCA e prodotti a base di acidi biliari, ha un fatturato annuo di circa 300 milioni di euro, solo una frazione delle esportazioni farmaceutiche italiane in Cina.
Possibile riesportazione?
I dati cinesi più recenti forniscono poche prove che questi prodotti stiano arrivando in massa: considerando i tempi di spedizione, i farmaci sarebbero dovuti arrivare in Cina per essere conteggiati nei dati commerciali ad aprile, ma non c’è stato alcun cambiamento osservabile.
“È probabile che si tratti di una domanda di farmaci provenienti dalla Cina”, ha dichiarato Peter Ceretti, direttore di Eurasia Group che ha indagato sulla questione, “I grandi produttori farmaceutici italiani stanno spedendo quanto più prodotto italiano possibile. E forse alcuni stanno trasferendo in Italia medicinali prodotti in Germania e in altri Paesi dell’Unione Europea per riesportarli in Cina”.