La giornalista si trova in regime di isolamento da due settimane e non ha ancora ricevuto il pacco inviato al carcere di Evin dall’ambasciata
Le condizioni nelle quali è detenuta Cecilia Sala nel carcere iraniano di Evin sono durissime. La giornalista, come raccontato da lei stessa nel corso di una telefonata alla famiglia fatta la mattina del primo gennaio, si trova in un regime di isolamento completo da giovedì 19 dicembre e finora ha potuto incontrare solamente l’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, per mezz’ora.
Una cella vuota
La solitudine non è certo l’unico problema che Sala deve affrontare: all’interno della sua cella non c’è niente, nemmeno una brandina. È costretta a dormire sul pavimento con due coperte, una sulla quale distendersi e un’altra da usare per coprirsi. A renderle complicato prendere sonno ci pensa una luce al neon sempre accesa proveniente. L’ambasciata italiana ha provato a consegnare alle autorità del penitenziario un pacco contenente dei beni pensati per rendere più sopportabile la prigionia di Sala, ma finora la 29enne non l’ha ancora ricevuto. Parlando con la famiglia, la giornalista ha ribadito la necessità di “fare in fretta”.
Il contenuto del pacco che Cecilia Sala non ha ricevuto
Le regole della prigione di Evin sono molto severe, tanto che non è nemmeno concesso indossare gli occhiali. Sala è stata privata dei suoi e ovviamente non ce ne sono neppure nel pacco inviato dall’ambasciata italiana. Quest’ultimo contiene però un altro oggetto legato alla vista: una mascherina per coprire gli occhi e rendere più facile addormentarsi all’interno di una cella perennemente illuminata. All’interno del pacco non ancora recapitato ci sono anche prodotti per l’igiene personale, delle sigarette, quattro libri, una tavoletta di cioccolato e un panettone.
Il murale di Drugi dedicato a #CeciliaSala, incredibilmente cancellato a Venafro.
Una sola domanda: perché? pic.twitter.com/GnFstlsLQd
— Possibile (@PossibileIt) January 1, 2025
Ricevere il tipico dolce natalizio avrebbe permesso alla giornalista di mangiare qualcosa di diverso dai datteri, frutti che finora hanno rappresentato uno dei pochi alimenti forniti dalle guardie (oltre al riso con il pollo che ha raccontato di aver mangiato a Natale). Il 25 dicembre è stato un giorno un po’ meno duro degli altri, perché Sala ha ricevuto un elastico per legare i capelli e le è stata data la possibilità di fumare due “sigarette giganti”. Un paio di concessioni non bastano però a far passare in secondo piano problemi come il freddo, l’assenza di contatti con il mondo esterno e l’impossibilità di affrontare alcuni argomenti durante le telefonate.
Le conversazioni telefoniche di Cecilia Sala sono controllate
Quando ha avuto modo di parlare al telefono con la madre, il padre e il compagno, il giornalista Daniele Raineri, Sala ha messo subito le mani avanti, dichiarando che la chiamata sarebbe durata più a lungo se si fossero evitati alcuni temi. Dopo aver fornito alcune rassicurazioni sulle proprie condizioni di salute (scandite in modo poco naturale, tanto da far pensare a delle frasi lette da un foglio), la 29enne ha potuto parlare liberamente solo di argomenti leggeri e non ha potuto rispondere a domande come “di cosa sei accusata?” e “in che prigione di trovi?”.
Dopo essersi consultata in inglese con una persona presente vicino a lei (probabilmente una guardia incaricata di interrompere prematuramente la telefonata in caso di necessità) ha dichiarato di non poter affrontare certi argomenti. Nel corso della chiamata ha però avuto modo di ribadire la necessità di procedere in fretta alla sua liberazione, lasciando intendere di essere arrivata al limite.
L’isolamento nel carcere di Evin
D’altronde sopportare l’isolamento è molto difficile, perché nel corso del tempo l’assenza di contatti con le altre persone genera sofferenza, ansia e una forte sensazione di disagio. In Italia i detenuti non possono restare in una simile condizione per più di quindici giorni,
La cella d’isolamento è un modo di detenzione usato nelle carceri per punire i detenuti, perché non vedere nessuno per periodi di tempo prolungati genera sofferenza, ansia e una forte sensazione di disagio. L’isolamento è da sempre uno strumento per fare pressione psicologica sui prigionieri. In Italia la legge dice che l’isolamento punitivo non può durare più di quindici giorni, tuttavia nel carcere di Evin la situazione è molto diversa e in passato alcuni prigionieri non hanno avuto contatti con altri esseri umani per mesi.
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