Biden, Netanyahu e la telefonata sull’Iran

Biden e Netanyahu discutono della sicurezza di Israele e degli attacchi iraniani. Continuano i lanci di razzi su Israele dal Libano e le operazioni militari contro Hezbollah.

Questa mattina il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha avuto una conversazione telefonica con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, a cui si è unita anche la vicepresidente Kamala Harris.

La telefonata tra Biden e Netanyahu: ecco com’è andata

La Casa Bianca ha diffuso un comunicato in cui si conferma che Biden ha ribadito con forza l’impegno degli Stati Uniti per la sicurezza di Israele, condannando fermamente l’attacco missilistico compiuto dall’Iran contro Israele il 1° ottobre.

Il presidente ha anche espresso la sua preoccupazione per la situazione in Libano, sottolineando l’importanza di trovare una soluzione diplomatica che permetta ai civili libanesi e israeliani di tornare nelle loro abitazioni in sicurezza, su entrambi i lati della Linea Blu, la zona di confine tra i due Paesi.

La telefonata tra Biden e Netanyahu sull'Iran. Ancora razzi su Israele
La telefonata tra Biden e Netanyahu sull’Iran. Ancora razzi su Israele – ANSA – Newsby.it

 

Biden ha inoltre riaffermato il diritto di Israele a difendersi dagli attacchi del gruppo militante Hezbollah, che solo nell’ultimo anno ha lanciato migliaia di razzi contro il territorio israeliano. Tuttavia, il presidente ha posto l’accento sulla necessità di minimizzare i danni ai civili, specialmente nelle aree densamente popolate come Beirut, dove il rischio per la popolazione è elevato.

Un altro tema cruciale della discussione è stato la situazione nella Striscia di Gaza, dove entrambi i leader hanno concordato sull’importanza di riprendere i negoziati diplomatici per garantire la liberazione degli ostaggi detenuti dal gruppo militante Hamas.

Biden e Netanyahu hanno affrontato anche il delicato tema della crisi umanitaria a Gaza, con particolare riferimento alla necessità di ripristinare l’accesso al nord della Striscia, incluso il corridoio umanitario dalla Giordania, che è stato interrotto a causa delle operazioni militari. Il presidente statunitense ha ribadito la necessità di garantire il passaggio sicuro per gli aiuti umanitari e ha discusso del ruolo fondamentale della diplomazia per risolvere la crisi in corso.

I due leader hanno deciso di rimanere in stretto contatto nei prossimi giorni, sia attraverso conversazioni dirette sia tramite le rispettive squadre di sicurezza nazionale. Questo dialogo avviene in un momento di tensione crescente tra gli Stati Uniti e Israele, poiché le azioni militari israeliane contro Hezbollah, inclusa l’uccisione del leader Hassan Nasrallah, sono state condotte con poca o nessuna consultazione preventiva con l’amministrazione americana. Questa situazione ha portato a un crescente senso di irritazione e sfiducia tra i due alleati, come riportato da alcune fonti giornalistiche.

La tensione si è manifestata anche all’interno del governo israeliano. La missione del ministro della Difesa Yoav Gallant a Washington, prevista per martedì, è stata rinviata dopo la telefonata tra Netanyahu e Biden. Questo rinvio ha causato frustrazione tra i vertici israeliani, in particolare nel ministero della Difesa, dove alcuni funzionari ritengono che il premier avesse già dato l’ok alla missione.

Nel frattempo, la situazione sul campo continua a essere molto grave. Mercoledì, una pioggia di razzi lanciati dal Libano ha colpito il nord di Israele, causando la morte di due persone a Kiryat Shmona e ferendo gravemente un’altra a Haifa. Anche altre città, come Safed, sono state colpite, con un uomo rimasto leggermente ferito e diversi incendi scoppiati nella zona dell’Alta Galilea e del Golan. Secondo l’IDF (Forze di Difesa Israeliane), in soli dieci minuti nel pomeriggio sono stati lanciati circa 90 razzi.

Mentre gli attacchi si intensificano nel nord, la situazione nel sud del Libano continua a peggiorare. Hezbollah ha segnalato scontri con le forze israeliane, che hanno ampliato le loro operazioni dalle zone di confine fino all’entroterra del Paese. Secondo l’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, un quarto del territorio libanese è attualmente soggetto a ordini di sfollamento imposti dall’esercito israeliano. Dall’inizio del conflitto, avvenuto l’8 ottobre 2023, in seguito al lancio di razzi di Hezbollah in solidarietà con Hamas, oltre 2.000 persone sono morte, inclusi miliziani e civili, mentre quasi 10.000 sono rimaste ferite. Inoltre, più di 600.000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case.

L’esercito israeliano ha confermato di aver colpito circa 100 obiettivi di Hezbollah nelle ultime 24 ore, eliminando numerosi militanti durante combattimenti ravvicinati e attacchi aerei. Dall’inizio delle operazioni di terra nel sud del Libano a fine settembre, Israele ha lanciato oltre 1.100 attacchi aerei e ha perso 13 soldati nei combattimenti.

Un altro argomento centrale della strategia statunitense riguarda la figura di Yahya Sinwar, leader di Hamas, ritenuto ancora vivo e nascosto in un tunnel sotterraneo a Gaza, secondo quanto dichiarato da Brett McGurk, delegato della Casa Bianca per il Medio Oriente. McGurk ha confermato che Sinwar continua a svolgere un ruolo decisionale all’interno di Hamas, probabilmente tenendo ostaggi nei pressi del suo nascondiglio. Questo aggiornamento è stato fornito durante una conversazione con i rabbini americani, ed è la prima notizia dettagliata sullo stato di Sinwar da settimane.

Gli Stati Uniti ritengono che la guerra a Gaza potrebbe concludersi rapidamente se Sinwar accettasse di liberare i 101 ostaggi ancora detenuti da Hamas. Nelle ultime settimane, Sinwar avrebbe ripreso contatti con altri leader di Hamas fuori dalla Striscia, dopo un lungo periodo di silenzio.

Il 24 ottobre, a Parigi, si terrà una conferenza internazionale sul Libano, annunciata dal presidente francese Emmanuel Macron. L’obiettivo di questa conferenza è mobilitare la comunità internazionale per sostenere il popolo libanese e le istituzioni del Paese, in particolare le forze armate, viste come garanti della stabilità interna. Alla conferenza parteciperanno diversi Stati partner del Libano, l’ONU, l’Unione Europea e altre organizzazioni internazionali, regionali e della società civile.

Nel frattempo, la diplomazia nella regione continua a muoversi. Il capo della diplomazia britannica David Lammy ha compiuto missioni in Bahrein e Giordania, avvertendo dei rischi crescenti di una situazione “incredibilmente pericolosa” in Medio Oriente. Anche il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, è impegnato in missioni diplomatiche, volando in Arabia Saudita per incontri con il principe ereditario Mohammed bin Salman.

Sul fronte militare, le forze israeliane hanno intensificato le operazioni nel nord di Gaza, con l’obiettivo di colpire le infrastrutture di Hamas, mentre cresce la preoccupazione per una possibile riorganizzazione del gruppo. Circa 400.000 civili sono intrappolati a causa delle operazioni in corso nei campi profughi di Jabaliya, come denunciato dall’UNRWA, e l’esercito israeliano ha ordinato la chiusura di tre ospedali. Le forze di difesa israeliane continuano a colpire obiettivi nelle città settentrionali di Beit Lahia e Beit Hanun.

Nel frattempo, un gruppo di 130 soldati israeliani ha scritto al governo, esortando un cambio di strategia e dichiarando che si rifiutano di continuare a combattere a Gaza, temendo che la prosecuzione delle operazioni metta in pericolo la vita degli ostaggi.

In Cisgiordania, un’operazione militare israeliana sotto copertura ha portato all’uccisione di cinque militanti ricercati, inclusi alcuni leader della Brigata dei martiri di al-Aqsa nel campo profughi di Balata.

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