Primo stop alla cura lacrime e sangue inaugurata dal nuovo presidente argentino, l’ultra liberista Javier Milei. I giudici hanno dato ragione ai sindacati e sospeso la riforma del lavoro contenuta nel maxi decreto sulle liberalizzazioni dell’economia entrato in vigore lo scorso 29 dicembre. La decisione segue il ricorso presentato dalla Confederazione generale del lavoro, il più importante sindacato del Paese, basato sul presupposto che la riforma, “regressiva e antioperaia”, erode diritti fondamentali come il congedo di maternità. La Cgt ha già indetto uno sciopero generale per il prossimo 24 gennaio.
È una vittoria per le migliaia di persone che nelle ultime settimane hanno invaso le strade contro le ricette turbocapitaliste del “Trump d’Argentina”. Il governo ha già preannunciato un ricorso.
Stop al maxi decreto: bocciate le norme sul lavoro
Il presidente “loco” appena messo piede nella Casa Rosada, il 10 dicembre scorso, ha iniziato a smantellare l’economia a colpi di accetta. In migliaia hanno protestato contro il mega decreto che introduce misure draconiane di “deregulation” e privatizzazioni con l’obiettivo di invertire la grave crisi in cui versa la terza economia dell’America Latina, alle prese con l’inflazione oltre il 140% e il 40% della popolazione al di sotto della soglia di povertà.
II provvedimento modifica o abroga più di 300 norme, incluse quelle in materia di mercato del lavoro, che nelle intenzioni del governo dovrebbero “modernizzare il diritto del lavoro” e stimolare l’occupazione. Tra le altre cose, prevede una riduzione dei risarcimenti nei casi di licenziamento, limita il diritto allo sciopero, estende il periodo di prova dei neo assunti da tre a otto mesi e riduce i giorni di congedo di maternità prima della nascita di un figlio. Alcune delle misure appaiono “repressive e punitive”, si legge nella sentenza.
Dal punto di vista formale, i tre giudici chiamati a esprimersi sul ricorso hanno eccepito il requisito di “necessità e urgenza” del decreto. Il governo, è la tesi, è andato oltre i propri poteri modificando le norme sul lavoro per decreto, che invece devono essere esaminate e approvate dal Congresso.
Deregulation selvaggia e privatizzazioni
Lo scorso 20 dicembre il presidente “anarco-capitalista” ha annunciato un vasto piano di deregolamentazione del mercato, con l’eliminazione di controlli e restrizioni su commercio, servizi e industria. “L’obiettivo è ricostruire il Paese, restituire libertà e autonomia ai cittadini e cominciare a eliminare l’enorme quantità di norme che ostacolano la crescita economica”, ha detto il presidente in un discorso trasmesso in televisione.
Tra le misure annunciate c’è l’abrogazione delle norme che impediscono la privatizzazione delle aziende pubbliche, dalla compagnia aerea Aerolineas Argentinas e al gruppo petrolifero Ypf. Verranno abrogate anche le leggi sugli affitti, “in modo che il mercato immobiliare possa ricominciare a funzionare”, ha spiegato il capo dello Stato.
Il provvedimento dovrà però superare lo scoglio del Parlamento dove il partito di Milei, La Libertà Avanza, è in minoranza. Con soli 40 seggi su 257 alla Camera e sette su 72 al Senato, dovrà assicurarsi i voti della coalizione di centrodestra Juntos por el cambio e dei parlamentari indipendenti.
Il giorno dopo l’annuncio delle misure, migliaia di persone si sono riversate nelle strade delle principali città dell’Argentina per protestare contro il mega-decreto del presidente di ultra destra, al grido di “la patria non si vende” e “Milei spazzatura, sei la dittatura”.
Svalutazione e “dollarizzazione” dell’economia
Appena insediato, il governo Milei ha inaugurato il mandato con una prima serie di misure drastiche per ridurre la “catastrofe dell’iperinflazione” e disinnescare la “bomba del debito pubblico”, ha detto il ministro dell’Economia Luis Caputo. Prima fra tutte, la svalutazione della moneta di oltre il 50% (800 peso per un dollaro). Il traguardo finale del presidente è la “dollarizzare” dell’economia argentina. Il deprezzamento della valuta, almeno in una prima fase, colpirà le fasce più vulnerabili della popolazione, il cui potere d’acquisto verrà ulteriormente ridotto.
Tra le altre misure, il governo intende tagliare le agevolazioni statali nei settori dei trasporti e dell’energia. “Attualmente lo stato mantiene artificialmente i prezzi bassi grazie ai sussidi, che però causano una serie di effetti negativi”, ha detto Caputo. La misura avrà conseguenze dirette sulla vita di milioni di argentini, soprattutto nella capitale Buenos Aires, dove i trasporti pubblici sono molto economici. Lo Stato inoltre rinuncerà a nuove opere infrastrutturali e cancellerà i progetti non ancora avviati. “Dovrà occuparsene il settore privato”, ha spiegato Caputo.
Contratti pubblici, via 5mila statali
L’ultima novità targata Milei risale al 26 dicembre e riguarda gli statali. Nel 2024 il governo argentino – che ha già ridotto il numero dei ministeri da diciotto a nove – non rinnoverà circa 5mila contratti pubblici firmati nel 2023 e in scadenza entro l’anno, ha spiegato il portavoce del presidente Manuel Adorni. Inoltre verrà riesaminato più di un milione di piani sociali per individuare “irregolarità”.
L’esecutivo stima in 160mila i percettori che non hanno diritto ai sussidi statali, per un valore complessivo di 10 miliardi di pesos argentini (12,45 milioni di dollari). L’obiettivo è “rendere il sistema trasparente e fare in modo che sostenga di che ha bisogno”, ha detto Adorni. Contro la misura anche l’Ate, il sindacato che rappresenta i dipendenti pubblici, ha minacciato lo sciopero generale della categoria.
“I soldi sono finiti”
“Per qualche mese staremo peggio di prima, ma queste misure sono inevitabili”, ha ammesso il ministro. “I soldi sono finiti”, gli argentini che hanno votato Milei lo hanno compreso, ha aggiunto.
Una consapevolezza che sembra ben presente nel governo. Lo stesso presidente, nel discorso d’insediamento del 10 dicembre, ha avvertito che “nel breve periodo le cose peggioreranno”. Ma nel giro di “18-24 mesi” le misure di austerità permetteranno di riportare sotto controllo l’inflazione. Per limitare l’impatto delle politiche di austerità, il governo amplierà i sussidi statali e i programmi sociali, come i buoni spesa e gli assegni familiari.
Secondo Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo monetario internazionale, le ricette messe in campo da Milei sono “un passo importante verso il ritorno della stabilità nel Paese”, che deve rimborsare un prestito da 44 miliardi di dollari concesso dal Fmi nel 2018.