Amazon, il colosso dell’e-commerce americano, secondo la rivista Fortune è attualmente il secondo datore di lavoro al mondo con quasi 1,3 milioni di dipendenti. Fondata nel 1999 da Jeff Bezos, l’azienda è oggi in grado di raggiungere pressoché ogni angolo del pianeta.
Non sempre, però, la presenza del gigante delle consegne a domicilio è gradita. Perché se da un lato una sede di Amazon porta con sé l’aumento del tasso di occupazione in un determinato territorio, dall’altro c’è anche l’impatto negativo che ciò può avere sui negozi di vicinato. Per questo motivo capita che l’arrivo del colosso americano sia accolto da proteste e manifestazioni contro la “cannibalizzazione” del tessuto economico locale. E c’è una precisa regione del mondo in cui le proteste sembrano aver portato al risultato sperato, imponendo uno stop – momentaneo – a un progetto milionario. Vediamo di cosa si tratta.
Amazon, in Sudafrica stop al nuovo quartier generale: “È su un luogo sacro”
Teatro di questa vicenda è Città del Capo, la capitale del Sudafrica (nella foto sotto). Qui l’azienda immobiliare Liesbeek Leisure Properties Trust punta a realizzare – con il benestare dell’amministrazione cittadina – un maxi progetto da 268 milioni di dollari, ribattezzato ‘The River Club’. Pezzo forte dell’opera è un’area di 70mila metri quadri che dovrebbe ospitare gli uffici del quartier generale di Amazon in Africa.
Stando a quanto reso noto, ‘The River Club’ avrebbe importanti ricadute in termini di occupazione, servizi e benefici infrastrutturali per tutta la zona. Infatti – sostengono i costruttori – potrebbe creare oltre 6mila nuovi posti di lavoro in un Paese, il Sudafrica, dove il tasso di disoccupazione si aggira attorno al 35%. Oltre alla sede di Amazon, infatti, è prevista la costruzione anche di hotel, aree residenziali e spazi commerciali.
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Il progetto ha però fin da subito attirato le critiche della popolazione locale. Il motivo? Il maxi polo residenziale e commerciale è destinato a sorgere su un’area “sacra” per i popoli Khoi e San. Nello specifico nella fetta di territorio racchiusa fra due fiumi che storicamente ospita le celebrazioni in ricordo delle battaglie degli indigeni contro i colonizzatori europei.
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Da qui le proteste, con i manifestanti scesi in piazza già lo scorso gennaio brandendo cartelli e urlando slogan che lasciano poco spazio ai dubbi: “La terra indigena non è in vendita”. Lo scontro si è poi spostato sul piano legale grazie all’interessamento di un’organizzazione che tutela i diritti degli indigeni locali, la Observatory Civic Association, la quale ha promosso un ricorso in tribunale contro il progetto della LLPT e l’amministrazione di Città del Capo che l’ha approvato.
Ricorso, rende noto la Cnn, accolto dalla giudice Patricia Goliath, che nei giorni scorsi ha disposto lo stop immediato alla costruzione del maxi polo da quasi 270 milioni. Secondo la togata sudafricana, i lavori potranno riprendere solo dopo aver consultato in modo serio e approfondito i popoli nativi. In una nota, la LLPT si è detta “profondamente delusa” da questa decisione; mentre Amazon non ha commentato la vicenda.