Continua a crescere il numero dei Paesi cui l’aborto è legale. La Colombia si è unita all’elenco nelle scorse ore, grazie a una decisione della sua Corte Costituzionale. Adesso nella Repubblica è possibile richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro le prime 24 settimane dall’inizio della gestazione. Non si tratta di una depenalizzazione totale, ma di sicuro offre maggiore libertà di scelta alle donne e lascia più tempo per prendere una decisione rispetto ad altri Paesi. Per fare un esempio, in Italia l’aborto volontario è consentito solo fino alla 12esima settimana di gestazione, tranne nei casi in cui la gravidanza potrebbe mettere in pericolo la donna o la sua salute fisica o psichica.
Nonostante la scelta compiuta dalla Corte Costituzionale della Colombia, il numero dei Paesi in cui l’interruzione di gravidanza è illegale (sempre o in alcuni casi) continua a restare elevato.
I Paesi in cui l’aborto è sempre illegale
I Paesi in cui l’aborto è illegale in ogni situazione sono ancora numerosi, ma stanno diminuendo. Nella maggior parte dei casi, l’interruzione di gravidanza è consentita quando la gestazione mette a rischio la salute della donna. Resta però vietata in tutte le altre circostanze, limitando le opzioni della futura madre. Altri Paesi, come il Giappone e il Regno Unito, permettono l’aborto anche nei casi in cui la nascita di un figlio metterebbe a rischio il già fragile equilibrio economico della famiglia.
I Paesi in cui l’aborto è sempre illegale sono Mauritania, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Suriname, Senegal, Egitto, Iraq, Gabon, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Angola, Madagascar, Laos, Filippine, Andorra, El Salvador, Haiti, Malta, Isole Marshall, Micronesia, Palau e Tonga. Un elenco sempre aggiornato è disponibile sul sito World Population Review, accompagnato da una cartina interattiva che permette di capire al volo quali sono i Paesi in cui è possibile abortire.
Tra i Paesi appena elencati, quello in cui le regole contro l’aborto sono più rigide è El Salvador. Qui l’aborto non è consentito nemmeno per salvare la vita della madre e chi lo pratica rischia fino a 30 anni di prigione. Ciò vale anche nel caso in cui avvenga un aborto spontaneo. Anche in Nicaragua sono in vigore delle leggi simili, ma sono applicate in modo meno rigido.
Alcune situazioni al limite
Come accennato, alcuni Paesi non vietano del tutto l’aborto, ma lo limitano ad alcune circostanze ben specifiche. È il caso, per esempio, della Polonia. Qui è in vigore una legge che impedisce l’interruzione di gravidanza nella maggior parte dei casi, consentendola solo in caso di incesto, stupro o pericolo per la vita della madre. In passato era legale anche abortire in caso di malformazione del feto, ma una nuova legge ha definito la pratica contraria alla Costituzione della Polonia. Anche nel Regno Unito, in Islanda e in Finlandia l’aborto è consentito nelle casistiche previste dalla legge polacca. A queste si aggiunge la possibilità di procedere con l’interruzione di gravidanza in caso di gravi difficoltà socioeconomiche.
Alcuni Paesi in cui l’aborto è consentito solo per salvare la vita della madre sono Afghanistan, Antigua e Barbuda, Bangladesh, Bhutan, Brasile, Cile, Dominica, Guatemala, Indonesia e Iran. In altre nazioni è possibile procedere all’interruzione di gravidanza anche per preservare la salute psicofisica della donna. L’elenco comprende Algeria, Argentina, Bahamas, Benin, Bolivia, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Costa Rica ed Ecuador.