Le date da cerchiare in rosso sul calendario 2024 sono tante quante non se ne vedevano da tempo. Il prossimo anno oltre il 50% della popolazione mondiale sarà chiamata alle urne in più di 70 Paesi. Ad aprire le danze, già il prossimo gennaio, sarà Taiwan. L’ultima partita elettorale sarà anche la più importante. In novembre gli Stati Uniti sceglieranno il prossimo inquilino della Casa Bianca e potrebbero spostare sensibilmente gli equilibri mondiali. Nel mezzo decine di appuntamenti elettorali. Anche in Europa e in Italia, dove numerosi Comuni e Regioni andranno al voto. Certo non sarà ovunque la celebrazione della democrazia. Alle urne andranno anche regime autoritari, dalla Russia alla Bielorussia passando per l’Iran.
Elezioni per il Parlamento europeo
Per il Vecchio Continente l’appuntamento più importante è senz’altro quello per il rinnovo del Parlamento europeo. Tra il 6 e il 9 giugno, 400 milioni di cittadini nei 27 Stati membri dell’Ue andranno alle urne per eleggere 720 nuovi deputati, inclusi 76 in rappresentanza dell’Italia.
Il sistema di voto è proporzionale. Per questo già da qualche mese il dibattito politico si è acceso in quello che appare un assaggio di campagna elettorale in cui tutti competono contro tutti. Le alleanze costruite in casa infatti non valgono a Bruxelles. A cominciare dai tre partiti che compongono la coalizione di centrodestra. Mentre Fratelli d’Italia appartiene al gruppo del Partito dei conservatori e dei riformisti europei, la Lega fa parte di Identità e democrazia, insieme al Rassemblement National di Marine Le Pen, e Forza Italia è membro del Partito popolare europeo.
Dall’altra metà del campo, la situazione non è poi così diversa. Mentre il Partito democratico appartiene all’Alleanza dei socialisti e dei democratici, Italia viva e Azione, che nel Parlamento italiano hanno deciso di dividere le proprie strade, a Bruxelles fanno parte dello stesso gruppo, Renew Europe. Sinistra italiana e Europa verde, che a Roma formano l’Alleanza verdi sinistra, pare vogliano presentare liste uniche ma non è chiaro in quale gruppo confluiranno gli eventuali eletti, tra i Verdi/Alleanza libera europea o la Sinistra. Discorso a parte per i deputati del Movimento 5 Stelle, che nell’attuale legislatura sono rimasti orfani di un gruppo parlamentare e dunque siedono nell’Eurocamera come “non iscritti”.
Italia, Regioni e Comuni al voto
Il 2024 in Italia sarà scandito anche da numerosi appuntamenti locali. Cinque regioni andranno al voto (Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria), mentre in oltre 3.700 Comuni si voterà per rinnovare il sindaco e il Consiglio, inclusi 27 capoluoghi di provincia e sei capoluoghi di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza.
In gran parte dei casi, le date di queste tornate elettorali non sono state ancora fissate e restano da definire anche i candidati.
Fa eccezione l’Abruzzo, che ha già reso noto quando andranno a votare i cittadini, domenica 10 marzo. Quanto agli sfidanti, salvo cambiamenti dell’ultima ora, dovrebbero essere il presidente uscente Marco Marsilio per il centrodestra e l’ex rettore dell’Università di Teramo Luciano D’Amico per il centrosinistra.
Elezioni in Europa: Belgio, Portogallo, Austria
Non solo il Parlamento europeo. Nel Vecchio Continente andranno alle urne anche il Portogallo, il Belgio e l’Austria. A Lisbona, dove il voto è in programma il prossimo marzo, il primo ministro socialista António Costa è in carica per gli affari correnti dopo le dimissioni dello scorso novembre a causa di un’inchiesta per corruzione. All’opposizione, mentre progressisti e conservatori sono dati alla pari nei sondaggi, un’insidia potrebbe arrivare dal partito di estrema destra Chega (“Basta”), che con una retorica razzista, anti-Lgbtq+, anti-immigrati e anti-rom punta a rompere il sistema bipartitico del Paese. I sondaggi al momento gli tributano il 17% dei consensi.
In Belgio le lezioni politiche verranno accorpate a quelle europee in giugno. In un panorama tradizionalmente frammentato, gli indipendentisti fiamminghi di estrema destra di Vlaams Belang risultano in testa nelle Fiandre, il Partito socialista in Vallonia, mentre il partito liberale, Open Vld, del premier Alexander de Croo prevale a Bruxelles.
Non c’è ancora una data per le elezioni presidenziali in Austria, attese comunque in autunno. Uno dei principali contendenti per il cancellierato è il Partito della Libertà (Fpo) di estrema destra, dato in vantaggio al 30%. Nel 2024 il Paese alpino potrebbe dunque diventare il prossimo membro dell’Ue guidato da un governo populista di destra.
Taiwan: gennaio
Sarà Taiwan a inaugurare le urne nel 2024. Il 13 gennaio i 24 milioni di cittadini chiamati al voto decideranno che direzione dovrà prendere l’isola nei confronti della Cina, che rivendica la sovranità sul territorio e punta alla riunificazione non escludendo il ricorso all’intervento militare. Il risultato che uscirà dalle urne sposterà anche gli equilibri tra Pechino e Washington. Una conferma del Partito democratico progressista significherebbe il mantenimento dello status quo e dunque rapporti tesi con la Cina. Il candidato, Lai Ching-te, è dato dai sondaggi come favorito. Le altre due forze in lizza, il Kmt (Kuomintang) e il Tpp (Taiwan’s People Party) invece promuovono la linea del dialogo con Pechino. Tanto che appoggiano il cosiddetto “Consenso del 1992”, su una sola Cina.
Russia: marzo
In pochi sono rimasti sorprese dell’annuncio dato lo scorso 8 dicembre da Vladimir Putin in persona: il presidente russo correrà alle elezioni del prossimo marzo 2024. Era cosa nota che il presidente puntasse a un quinto mandato per restare al Cremlino fino al 2030, tre decenni tondi di governo. Mancava solo il timbro ufficiale. “Non c’è altra scelta”, ha detto il 71enne interrogato in proposito da un veterano durante la cerimonia per la Giornata degli eroi della patria.
Un voto a cui Mosca sembra intenzionata a far partecipare anche i territori occupati nell’Est dell’Ucraina. Intanto il numero dei candidati alle elezioni, in programma dal 14 al 17 marzo, è salito a 29. Perlopiù candidati di facciata che servono a dare un parvenza di legittimità a una competizione in cui non sono ammessi avversari temibili e la cui sola funzione è quella di incoronare ancora lo zar Putin. Tra loro non ci sarà Ekaterina Duntsova. La commissione elettorale centrale ha escluso la giornalista apertamente contraria alla guerra in Ucraina dopo aver riscontrato “errori” nella documentazione presentata.
India: aprile – maggio
Tra aprile e maggio andrà al voto anche la più grande democrazia del pianeta, l’India, forte di 1,4 miliardi di abitanti. Oltre 900 milioni di persone sono registrate per votare. Il primo ministro uscente Narendra Modi punta al terzo mandato con il suo partito conservatore Bharatiya Janata Party (Bjp). I sondaggi danno in vantaggio il Bjp soprattutto grazie alla popolarità di cui gode il capo di governo. Un assaggio del risultato che potrebbe uscire dalle urne lo si è avuto nelle elezioni che lo scorso novembre hanno visto prevalere nettamente il partito del premier in tre dei quattro stati indiani al voto – Madhya Pradesh, Rajasthan e Chhattisgarh – strappati all’Indian National Congress, il principale partito d’opposizione guidato da Rahul Gandhi.
Sud Africa: maggio – agosto
Uno degli appuntamenti elettorali più importanti nel continente africano è quello che attende il Sud Africa, tra maggio e agosto. Per la prima volta in trent’anni dalla liberazione di Nelson Mandela e dalla fine dell’apartheid , l’African National Congress del presidente Cyril Ramaphosa rischia di perdere la maggioranza in Parlamento. Il partito è alle prese con accuse di corruzione e scandali mentre il Paese registra livelli eccezionali di criminalità e disoccupazione e fatica letteralmente tenere la luce accesa complice una crisi energetica senza precedenti. Intanto l’opposizione si è compattata riunendosi nell’Alleanza democratica, una coalizione di sette partiti che punta a spodestare l’Anc.
Stati Uniti: novembre
Il prossimo 5 novembre sarà la volta degli Stati Uniti. Mentre il presidente democratico Joe Biden, appare sempre più in affanno nella corsa verso la Casa Bianca, il principale avversario sul fronte repubblicano, Donal Trump, corre a vele spiegate verso la nomination repubblicana. Secondo tutti i sondaggi i guai giudiziari collezionati nell’ultimo anno dal tycoon, incluse quattro incriminazioni, non hanno scalfito il suo vantaggio sugli avversari. Tra meno di un mese, il 15 gennaio, con i caucus in Iowa, partirà la corsa per la nomination repubblicana che, secondo i pronostici, incoronerà per la seconda volta l’ex presidente Usa.
Mentre la stella del governatore ultraconservatore della Florida Ron DeSantis negli ultimi mesi si è appanna, Nikki Haley, ex ambasciatrice all’Onu, è la rivelazione delle primarie repubblicane. In netta discontinuità con Trump, l’ex governatrice della South Carolina ha saputo distinguersi apparendo meno intransigente e radicale e dunque appetibile per l’elettorato indipendente. Lo si è visto chiaramente sul tema controverso dell’aborto.
In ascesa nei sondaggi, la 51enne di origine indiana si conferma dunque la più temibile e credibile rivale del tycoon. Non a caso Halley è riuscita a guadagnarsi il sostegno di alcuni big di Wall Street, dopo aver ricevuto l’endorsement del gruppo Koch, la rete di finanziatori e attivisti guidata da Charles Koch, che lo scorso febbraio ha scaricato Trump.