La farina è un macinato più o meno fine derivato dalla frantumazione di semi, frutta e cereali. Possiamo avere quindi farina di mais, di orzo, di farro, di avena, di segale, ma anche di castagne di ceci di mandorle, di grano saraceno e cosi via. Quella che a noi interessa e che comunemente accostiamo alla parola farina è però quella di grano tenero. Si tratta del macinato del chicco di grano tenero, o di frumento che dir si voglia (triticum vulgare).
Il chicco di grano
Il chicco di grano è composto sostanzialmente da tre parti, e da sette elementi nutritivi.
L’involucro (o crusca) dove troviamo sali minerali e vitamine, il germe di grano dove ci sono i grassi e gli enzimi ed infine l’endosperma dove ci sono proteine, amido ed enzimi. Il tutto legato dall’acqua.
Frantumando questo chicco e raffinandolo otterremmo 5 tipologie di farine: l’integrale, la tipo 2, la tipo 1, la 0 ed infine la 00. Ma qual è la differenza tra queste tipologie?
Farina: le diverse tipologie
La differenza sostanziale la troviamo a prima vista dal colore della farina che da marrone e di granulometria irregolare e grossolana passa man mano ad arrivare ad essere bianca e molto fine. In pratica se noi prendiamo un chicco di grano e lo maciniamo una sola volta, otteniamo una farina di tipo integrale. Se continuiamo e setacciamo con una maglia grande, otteniamo una tipo 2, se la setacciamo ancora con una maglia più fina della precedente otteniamo la tipo 1. Se questa maglia è ancora più fine della precedente otteniamo la 0, infine con una maglia ancor più fine otteniamo la 00.
Quindi capiamo che dal chicco di grano quello che noi andiamo a scartare è la crusca, ma anche il germe. Più crusca abbiamo, più il nostro chicco ha avuto una resa del 100%. Meno crusca abbiamo, fino ad arrivare al 70%, e più il chicco ha reso, ma solo la parte dell’endosperma. Questa unità di misura si chiama abburrattamento, raccontato in modo semplice.
L’importanza dei sali minerali
Concretamente, però, le 5 tipologie di farina vengono denominate in base alla quantità dei Sali minerali (ceneri) presenti. Sta di fatto che la farina integrale ha un massimo di ceneri dell’1,70%, per quella di tipo 2 invece le ceneri sono allo 0,95%. La farina di tipo 1 ha un massimo di ceneri dello 0,80%, mentre per la tipo 0 le ceneri sono al massimo dello 0,65%. Infine, per quanto riguarda la 00, la percentuale raggiunge solo lo 0,55%.
Detto questo, ora parliamo della forza della farina che quasi nessuno conosce e che è di estrema importanza e che viene indicata con la lettera W.
L’importanza della lettera W
Questo valore ci indica quanto una farina è più o meno elastica e tenace. Questo fattore ci interessa moltissimo, perché a volte i prodotti non riescono nel migliore dei modi a causa di una scelta non esatta: non del tipo di farina, ma della sua forza. Quindi se volessimo fare delle lievitazioni per pizza avremmo bisogno per forza di una farina con un W medio/alto, mentre se volessimo fare della pasta frolla ce ne servirebbe una farina, quindi con un W basso.
Ma come faccio a sapere quanto una farina è forte se sulla confezione non è riportato il W?
Solo alcune marche, per il momento, riportano il W indicato sulla confezione, ma si sta diffondendo anche tra le altre. In ogni caso il dato si può estrapolare dalla percentuale di proteine presenti: quindi se le proteine sono basse (ad esempio al 9/10%) la nostra farina sarà debole o con un W basso, mentre con un dato del 13/14% siamo di fronte a una farina forte.
Curiosità sulla farina
Come detto nel precedente articolo, la parola farina deriva da “far” (farro), ma uno studio approfondito di alcune ricerche fatte a metà degli anni ’90 dell’insediamento paleolitico di Bilancino nel Mugello ha scoperto qualcosa di nuovo. Gli archeologi hanno infatti trovato una macina a pietra ed un pestello risalenti a circa 30.000 anni fa, dove veniva “macinata “ una particolare pianta lacustre allora molto comune.