Come nasce un tormentone? Domanda a cui è difficile rispondere a tutti i livelli. Sia se la si interpreta in senso generale (a quando risale l’esplosione di tali fenomeni di massa? Impossibile stabilirlo). Sia se si passa ad analizzare il singolo caso. Ma quando la stessa piattaforma che lo ospita si piega alla moda del momento, significa che ha attecchito fino in fondo. E questo è il caso delle “bandierine rosse” su Twitter.
“I’m not on Twitter” 🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩
— Twitter (@Twitter) October 12, 2021
Bandierine rosse: tutto quello che sappiamo
“Io non sono su Twitter“, ha infatti scritto in un post l’account ufficiale del social network. A seguire una pioggia di bandierine rosse. Le stesse pubblicate in un paio di giorni da centinaia di altri account ufficiali. Con un coinvolgimento trasversale, che abbraccia brand, aziende, società sportive e diversi colossi dei più disparati settori. Ma Twitter non ha inventato nulla, dato che in tanti si sono piegati al tormentone prima della piattaforma. Qualcuno, poi, ne ha contribuito alla diffusione di massa. A partire dal Manchester United, che ha veicolato il messaggio (in cui non crede) “Cristiano Ronaldo non è il più grande di tutti i tempi“.
“@Cristiano isn’t the 🐐” 🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩🚩
— Manchester United (@ManUtd) October 13, 2021
Il significato del tormentone, in questo caso, è abbastanza chiaro. Chi pubblica le bandierine rosse, infatti, scrive un messaggio breve, quasi sempre contenente una negazione. Il messaggio è estremamente chiaro e anche sentenzioso, con un giudizio categorico che l’autore non condivide. L’effetto comico è immediato, ma non sembra strabordante. Tuttavia le intenzioni sarcastiche sono evidenti. Più difficile capire il perché della scelta delle emoji. Un riferimento al pericolo? Alle boe? Alle “buche” del golf? Difficile stabilirlo. Ma, in parte, qui sta il bello.
I tormentoni: una storia vecchia (almeno) sessant’anni
D’altronde un fenomeno di massa, spesso se non quasi sempre, parte così. La gente si ritrova a fare qualcosa che tutti gli altri fanno, senza davvero conoscere il motivo. Ed è così da oltre sessant’anni, ossia dal boom economico. E dalla diffusione di massa dei mezzi di comunicazione legati all’intrattenimento, a partire dalla tv. “Ecco Mike Bongiorno. Lo si vede sorridere, ma si afferra ben poco delle sue parole. Oppure sì, qualcosa si riesce anche a capire. Il primo elemento del gioco, quello che ha tempo perlomeno quaranta minuti per organizzarsi, non è un compitone, né un domandone. Ma un concertone, vagamente annunciato come tormentone“, scrisse non a caso Antonio Antonucci su ‘La Stampa’ il lontano 18 luglio 1962. E in un certo senso proprio il fatidico “Allegria“ di bongiorniana memoria rappresenta una sorta di antenato delle bandierine rosse odierne.
Con internet, poi, il tormentone è diventato meme. E, soprattutto negli ultimi 15 anni, quando ne esplode uno, gli possono bastare una manciata di ore per finire dappertutto. Si pensi al periodo in cui, secondo il popolo del web, ogni problema era risolto (o risolvibile) da Chuck Norris. O a quello in cui ogni descrizione di qualsiasi persona si concludeva con “and his name is John Cena“. In tempi molto più recenti, rievocati dalla recente “versione spagnola”, c’è stato “Io sono Giorgia“. In tempo di pandemia, l’agghiacciante quanto insopportabile “Non ce n’è Coviddi“. Per non dimenticarsi del 2012, l’anno in cui anche il più noioso posto di lavoro poteva trasformarsi in un luogo di follia grazie all’Harlem Shake. Un motivo non c’è, quasi mai. Un inventore sì, ma spesso è difficile rintracciarlo. Quello che arriva, si radica e poi scompare, è il fenomeno. Il tormentone. Ora è il momento delle bandierine rosse.