Il suo significato è quello di “lavoro agile“, e non a caso ha alleggerito una serie di problemi e di costi a vantaggio di chi svolge la propria mansione tra le mura domestiche. Eppure lo smart working non piace a tutti. Addirittura ha creato colossali difficoltà a un intero settore, che infatti ha lanciato in queste ore un allarme in piena regola. Chi trema è il commercio, in particolare per quanto riguarda la distribuzione automatica di alimenti e bevande.
Cosa comporta lo smart working per la distribuzione automatica
Tale settore vede l’Italia come leader a livello internazionale con 800 mila vending machine installate, e gestite da oltre 3 mila aziende che danno lavoro a più di 30 mila persone. Inevitabilmente però lo smart working, con gli uffici svuotati dall’emergenza, ha messo i lavoratori di questa categoria in ginocchio.
L’allarme in piena regola arriva da Confida, associazione di categoria della distribuzione automatica. Il suo presidente, Massimo Trapletti, ha inquadrato tutti i problemi in una riflessione raccolta dall’Adnkronos. “A gennaio – ha osservato – gli operatori del vending registrano perdite del -31,55% dovute principalmente alla ripresa dello smart working che ha svuotato aziende e pubbliche amministrazioni contribuendo al crollo verticale delle consumazioni“.
I dati sul lavoro agile e le richieste della categoria
I dati dell’Osservatorio Smart working del Politecnico di Milano, del resto, parlano chiaro. Nel mese di marzo 2021 a lavorare da casa erano 5,37 milioni di italiani, a settembre 2021 erano scesi a 4,07 milioni. Ma sono tornati a crescere dopo la circolare dello scorso 5 gennaio. “Le nostre aziende sono in grave difficoltà e difficilmente potranno resistere fino al 31 marzo, ossia alla fine dello stato di emergenza“, ha sottolineato Trapletti.
La richiesta di Confida è chiara: fare un passo indietro sullo smart working. “Nell’ottica dell’allentamento delle misure anti-Covid che sta pianificando il governo, chiediamo di revocare la circolare del 5 gennaio“, ha affermato Trapletti. Secondo cui è opportuno promuovere “il rientro dei lavoratori in presenza sia nel settore pubblico sia in quello privato, e in tal senso accogliamo positivamente le recenti dichiarazioni del ministro Brunetta“.