Secondo la narrazione in voga in Russia (e fortemente voluta dalla propaganda), le sanzioni scattate dopo l’invasione dell’Ucraina stanno danneggiando soprattutto l’economia dell’Occidente. Moltissimi dati suggeriscono che in realtà sia esattamente l’opposto, ma il Cremlino sta provando ad attuare diverse contromosse per evitare il collasso.
Nel mese di marzo Vladimir Putin ha parlato molto chiaro sul punto. “L’Occidente sta esercitando un piano collettivo di pressione economica sulla Russia. Per questo motivo ci occorre lavorare a lungo termine sul potenziamento delle risorse e opportunità interne“, disse. E nonostante il pessimismo di alti esponenti del suo stesso governo, alcune iniziative in tal senso sono già scattate.
Russia anti sanzioni: i quattro settori su cui vuole intervenire Putin
La Russia è partita dal congelamento di metà dei 600 miliardi di dollari di riserve dei locali investitori. “Nessuno si aspettava che l’Occidente avrebbe potuto introdurre sanzioni di questo tipo”, ha ammesso qualche settimana fa il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Perciò ci sono almeno quattro accorgimenti su cui Mosca sta alacremente lavorando.
Uno di essi riguarda, inevitabilmente, la circolazione di valuta e quindi di capitali. Se infatti Europa e Usa hanno bloccato le operazioni bancarie con la Russia, il Cremlino è corso ai ripari. Lo ha fatto tramite “Mir”, un sistema interno di carte di credito e debito. L’obiettivo è sostituire Visa e Mastercard, che già da marzo hanno sospeso le transazioni nel Paese. E il successo sembra già notevole, dato che la Banca Centrale parla di 113 milioni di carte emesse nell’ultimo anno (nel 2016 erano 1,76 milioni). Ma il Cremlino sta lavorando anche sul fronte del lavoro. Anche per contrastare le proteste interne contro la guerra, si punta infatti a creare nuove posizioni nel settore pubblico: a rischio disoccupazione ci sono infatti 200 mila persone solo a Mosca. Ognuna di esse lavorava fino a poche settimane fa per aziende occidentali.
Sempre sul tema dell’opinione pubblica e della gestione dei malesseri della popolazione, il Cremlino ha anche intuito l’importanza di garantire agli influencer l’accesso ai social network. Molti di loro non possono più utilizzare Instagram, la piattaforma più diffusa prima dello scoppio della guerra. Proprio per questo Vkontakte, noto come “la versione russa di Facebook“, ha tentato di attirare i content creator rinunciando a ogni tipo di commissione sui post pubblicati fino al termine di aprile. Prevista anche una promozione gratuita per i nuovi iscritti a partire dal 1° marzo. Vero è che molti influencer stanno aggirando il blocco di Instagram accedendo ai propri account tramite VPN, sta di fatto che le iscrizioni a Instagram in Russia si sono circa dimezzate nel giro di due mesi. Infine il fronte automotive: qui si è deciso di rilanciare la Lada, storico produttore che però oggi è di proprietà del gruppo Renault. I francesi hanno lasciato il Paese, e l’azienda già diffusissima in epoca sovietica sta riprogettando alcune vetture senza i componenti importati. “Saranno macchine senza ABS, tanto meglio. Ricorderanno le auto brutali del nostro passato“, ha scritto alla ‘CNN’ Evgeny Eskov, amministratore delegato della compagnia.
Tutte queste iniziative, almeno per ora, non stanno aiutando l’economia di Mosca a evitare il crollo. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la Russia rischia di perdere l’8,5% nel 2022 e anche di più in caso di embargo europeo su gas e petrolio. Galoppa anche l’inflazione, arrivata a quota 17,5%. Dati che lo stesso Putin conosce e ammette, consapevole che le “svolte autarchiche” del Cremlino potrebbero non essere sufficienti a evitare il disastro.