Secondo le stime dell’Osservatorio Mil€x per l’anno 2022 la spesa militare da parte del Ministero della Difesa sfiorerà i 26 miliardi di euro (25.935 milioni per la precisione) con una crescita di 1.352 milioni di euro +5,4% rispetto al 2021.
Ciò significa un aumento di 849 milioni rispetto alle medesime valutazioni effettuate sul 2021 con una crescita percentuale del 3,4% rispetto all’anno precedente e di addirittura dell’11,7% sul 2020 e del 19,6% sul 2019.
Investimenti militari mai così alti
Per i riarmi annuali del Paese esistono dei fondi pluriennali per mantenere costante l’investimento militare. Tuttavia, vista la situazione di crisi in cui sta versando il Paese a causa della pandemia, viene da chiedersi come faccia il governo a ritenere necessario un tale incremento per la spesa militare.
Secondo l’Osservatorio, dei 1.352 milioni di aumento di spesa, un miliardo sarà utilizzato per l’acquisto di nuovi armamenti. Un +13,8% rispetto al 2021, considerando che in tutto i miliardi impiegati nel settore saranno 8,27. Un aumento verificatosi gradualmente negli anni, ma che continua a crescere. C’è stato infatti un +73,6% negli ultimi tre anni. Tra i capitoli di spesa: nuovi proiettili di precisione per i cannoni semoventi dell’Esercito, un avamposto di comando per le missioni all’estero dell’Aeronautica e una piattaforma di addestramento per gli incursori della Marina.
Spese militari più alte di quelle per il cambiamento climatico
L’aumento delle risorse militari non riguarda solo l’Italia ma le maggiori potenze nel mondo. La spesa militare, a livello globale, è raddoppiata dal 2000 ad oggi, arrivando a sfiorare i duemila miliardi di dollari all’anno. Numeri da capogiro che potrebbero anche trovare una diversa finalità. Ad esempio invertire il cambiamento climatico.
A dirlo è un’analisi dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), l’Istituto internazionale di studi sulla pace di Stoccolma, che ogni anno elabora il rapporto sul commercio internazionale dei sistemi d’arma. Per evitare il collasso climatico da qui al 2050 servirebbero 44 mila miliardi di dollari di investimenti. Molto meno della spesa in armi prevista, sempre al 2050, che è di 58 mila miliardi di dollari. In altre parole: si spende meno per salvaguardare la vita sul pianeta che per acquistare armi per distruggerla.
L’appello dei premi Nobel: ” Ridurre spese di guerra per aiutare il pianeta”
Partendo da questi dati, oltre cinquanta premi Nobel e scienziati – tra i quali figurano Carlo Rovelli, Matteo Smerlak, Carlo Rubbia, Giorgio Parisi – hanno lanciato la campagna per il “Dividendo della pace”. Un appello subito appoggiato anche dal Dalai Lama.
La richiesta fatta ai governi di tutto il mondo in quella che i promotori hanno definito una “semplice proposta per l’umanità”, è estremamente chiara e lineare: ridurre la spesa militare del 2% ogni anno per cinque anni, con l’obiettivo di creare un “dividendo” di mille miliardi di dollari al 2030 da impiegare per creare un fondo per lottare contro pandemie, cambiamento climatico e povertà.
“I singoli governi sono sotto pressione e incrementano la spesa militare per stare al passo con gli altri Paesi”, hanno spiegato. Mentre ogni Stato investe nel settore militare erode però le risorse nazionali che “potrebbero essere utilizzate a scopi migliori”.
“La storia dimostra che è possibile siglare accordi per limitare la proliferazione degli armamenti. Grazie ai trattati Salt e Start, USA e l’Unione Sovietica hanno ridotto i loro arsenali nucleari del 90 percento dagli anni Ottanta ad oggi”, hanno sottolineato i premi Nobel.