Il diritto alla proprietà privata è in pericolo? Domanda delicata da porsi, specie in tempi di guerra come quelli che stanno vivendo Russia e Ucraina, e che stanno spaventando l’Europa e il resto del mondo. Resta il fatto che la questione è stata posta da Mosca, e ora dare una risposta esatta non è impresa facile.
La messa in discussione di un principio giuridico tanto importante nasce inevitabilmente dalle attuali circostanze. La condanna alle operazioni belliche che la Russia ha operato ai danni dell’Ucraina è infatti estesa a buona parte del Pianeta. Che non a caso ha deciso di intervenire anche e soprattutto con le sanzioni. Che, inevitabilmente, stringono al collo l’economia del Paese invasore, in particolare chi muove il maggior numero di capitali. Questo però rappresenta davvero la fine del diritto alla proprietà privata in Occidente e non solo? Facciamo il quadro della situazione.
Come la legge (internazionale e non) definisce la proprietà privata
Iniziamo da noi, ossia dall’Italia. La Costituzione, all’articolo 42, stabilisce che “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti“. Negli USA, il XIV emendamento afferma che nessuno Stato può “privare qualsiasi persona della vita, della libertà o della proprietà senza un processo nelle dovute forme di legge“. Ma in Russia ritengono che questi princìpi non esistano più.
Ad affermarlo è Vyacheslav Volodin, presidente della Duma di Stato (ossia quella che in Russia è l’equivalente della nostra Camera dei Deputati). “Il mito sull’inviolabilità della proprietà privata su cui poggia il sistema legale di Stati Uniti e Unione europea è stato rovinato. Proprietà, conti bancari e prepagati vengono sequestrati a causa della nazionalità. Niente di nuovo. Solo belle illusioni invece dell’inviolabilità dei diritti e delle libertà“, ha affermato sul suo canale Telegram. A confermare le sue parole è l’agenzia ‘TASS’.
Il riferimento, evidente, è alle pesanti limitazioni che la Russia sta pagando a livello internazionale per la propria iniziativa bellica in Ucraina. Un rischio che, secondo Volodin, era già noto da vent’anni. Allora, infatti, il presidente Vladimir Putin vedeva la proprietà privata degli affaristi russi a rischio qualora i loro asset si collocassero in zone offshore.
“All’epoca la Russia non aveva ancora incontrato sanzioni. Le parole di Putin si sono rivelate profetiche. Coloro che hanno preferito collocare la propria proprietà privata e le risorse finanziarie in questi Paesi hanno commesso un errore fatale“, ha insistito Volodin. Che peraltro ha chiesto l’utilizzo della legge sull’amnistia capitale, votata venerdì dalla Duma di Stato. Una legge che permetterebbe di riportare i beni e capitali degli affaristi russi in patria.
Le sanzioni alla Russia e il rispetto delle leggi internazionali
Le sanzioni alla Russia, dunque, contravvengono a principi o addirittura leggi internazionali? La risposta è no. Basta infatti leggere l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Anche qui si afferma che “Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà [privata] dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità“. Ma l’articolo 1 del protocollo addizionale alla CEDU aggiunge un aspetto decisivo.
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale“, afferma l’articolo. “Principi generali” che anche l’articolo 38 dello Statuto della Corte internazionale di Giustizia inquadra. Senza dimenticare che la nostra stessa Costituzione, sempre all’articolo 42, aggiunge: “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale“.
E certamente è complicato non ritenere l’invasione dell’Ucraina lesiva dei “principi generali del diritto internazionale“. Così negare la “pubblica utilità” del blocco le transazioni degli oligarchi di un Paese invasore, come la odierna Russia.