In più di 30 anni i prezzi alimentari non erano mai stati così alti e non avevano mai subìto un rincaro così rapido e verticale. +12,6% in un mese a marzo, secondo il monitoraggio della Fao. È la tempesta perfetta scatenata dal sommarsi delle difficoltà sulle materie prime e sull’energia nate ben prima della guerra in Ucraina che vede coinvolti i due granai del mondo. Lo choc sul mercato dei cereali spinge le quotazioni in aumento del 20%. Si ha così un effetto traino per oli vegetali (+23%), zucchero (+6,7%), carne (+4,8%) e prodotti lattiero caseari (+2,6%). Le emergenze da affrontare sono due. Prima di tutto il pericolo di drammatiche carestie nei Paesi poveri (e di tensioni sociali in quelli più ricchi). Poi il sostegno alle imprese minacciate dai rincari: in primis la zootecnia che ha nei cereali russi e ucraini la sua più importante commodity.
Il tema della sicurezza alimentare non s’impone a livello europeo
13 milioni di persone, secondo la Fao, rischiano di ritrovarsi in mezzo a una carestia causata dall’invasione russa dell’Ucraina. È, almeno in parte, la conseguenza delle difficoltà che le Nazioni Unite si trovano ad affrontare nella loro azione di contrasto alla povertà alimentare. Le forniture di cereali del World Food Program dell’Onu, destinate ogni giorno a 125 milioni di persone in quaranta Paesi africani e meno sviluppati, arrivavano per il 50% dall’Ucraina. Guerra e pandemia una dopo l’altra, sempre nei calcoli Onu, possono generare 100 milioni di nuovi poveri.
A differenza del fronte dell’energia, dove liberarsi dalla dipendenza dalla Russia è diventata un’urgenza, il tema della sicurezza alimentare non s’impone a livello europeo. “L’autosufficienza è garantita”, assicura il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli. Semmai gli interventi decisi a Bruxelles puntano a proteggere le imprese dell’agroalimentare dai rincari dell’energia e delle commodities. Deroghe alle rotazioni obbligatorie dei terreni e dirottamento dei fondi dei Piani di sviluppo rurale da un lato servono a garantire un’offerta sufficiente per la zootecnia, dall’altro a sostenere i redditi delle aziende.
Prezzi alimentari: il caso dei cereali
Andando nello specifico dei prezzi alimentari, i cereali pesano due volte. Sia come prodotto che le famiglie acquistano, sia perché Russia e soprattutto Ucraina sono il fornitore estero principale degli allevamenti europei. La loro carenza, dunque, spinge in alto i costi delle aziende agricole, che poi li scaricano sui prezzi della carne generando una spirale di aumenti. L’Italia ha già deciso di destinare un milione di ettari in più, sottraendoli ad altre coltivazioni. Secondo la Fao gli scambi mondiali di cereali nel 2022 scenderanno a 469 milioni di tonnellate.
Unione Europea e India spingeranno sul grano, mentre Argentina, Stati Uniti e ancora India esporteranno più mais, andando parzialmente a compensare la perdita di esportazioni dalla regione del Mar Nero. Ma andare a caccia di nuovi fornitori apre altri temi: l’Argentina usa fitofarmaci in quantità nettamente superiori all’Europa, dagli Stati Uniti si importano Ogm. Come la crisi energetica, anche l’emergenza alimentare figlia della guerra rimette in discussione le scelte della politica.