Il tavolo tecnico dell’esecutivo per scongiurare lo sciopero dei benzinai è fallito, almeno per il momento. “In attesa delle valutazioni del Governo lo sciopero previsto per i giorni 25 e 26 gennaio è confermato“, hanno riferito in una nota congiunta i principali sindacati di gestori delle pompe di carburanti, Fegica e Figisc/Anisa, dopo l’incontro di ieri con il Governo. Le sigle sindacali si sono dichiarate aperte a bloccare lo sciopero anche un minuto prima del suo inizio, nel caso il Governo dovesse sospendere alcune parti del decreto sulla trasparenza dei prezzi. Ma cosa c’entra lo sciopero dei benzinai con il caro carburante? E perché i benzinai intendono confermare lo sciopero delle pompe del 25 e 26 gennaio?
Ecco perché i benzinai vogliono scioperare
I gestori stanno criticando le scelte del governo Meloni, il decreto carburanti e l’istruttoria dell’Antitrust sulle speculazioni. Tutto è partito dai rincari dei prezzi di benzina e diesel scattati a inizio gennaio e dovuto per la maggior parte alla scelta del governo Meloni di non prorogare per l’anno nuovo il taglio delle accise sui carburanti deciso a marzo 2022 dal Governo Draghi. L’aumento generalizzato del costo dei carburanti ha portato a lamentele e proteste, con l’associazione dei consumatori Codacons che ha segnalato prezzi fino a 2,50 euro al litro per il diesel. L’accusa dei rappresentanti di categoria Fegica e Figisc/Anisa al governo Meloni è di giocare allo “scaricabarile” sull’aumento dei prezzi del carburante. A seguito dei rincari, infatti, dopo che diversi esponenti della maggioranza hanno puntato il dito contro le speculazioni dei gestori dei benzinai, il 10 gennaio il Governo Meloni ha varato un decreto sulla trasparenza dei prezzi del carburante, che prevedeva tra le altre cose l’obbligo di esporre il prezzo medio nazionale accanto ai propri prezzi di vendita.
L’annuncio dello sciopero, poi “congelato”
La categoria dei gestori, dunque, ha preso questo decreto come uno “scaricabarile“, e lo scorso 12 gennaio ha annunciato la mobilitazione a livello nazionale con lo scopo di “porre fine a questa ‘ondata di fango’ contro una categoria di onesti lavoratori e cercare di ristabilire la verità”. Dopo il primo faccia a faccia del 13 gennaio tra il Governo e i rappresentanti sindacali dei benzinai, questi ultimi hanno annunciato che lo sciopero era congelato, ovvero sospeso, in attesa di vedere testo definitivo del decreto. Ma la tensione è risalita il giorno successivo a causa dell’approvazione definiva del decreto Carburante, entrato in vigore il 15 gennaio. Sono stati mantenuti, infatti, gli obblighi aggiuntivi per i distributori, con sanzioni fino a 6mila euro per chi non li rispetta. Il 16 gennaio, le categorie hanno poi alzato le barricate anche per la decisione dell’Antitrust di avviare le ispezioni presso le compagnie petrolifere per una presunta omessa diligenza sui controlli della rete dei distributori.
Il vertice di ieri tra sindacati ed esecutivo
Ieri, 17 gennaio, come detto, si è tenuto un altro vertice tra i sindacata ed esecutivo, alla presenza dei rappresentanti del Governo e del ministro Adolfo Urso. Se da un lato c’è chi come i gestori della Faib Confesercenti parlano di “passi in avanti” e di un incontro “sufficientemente esaustivo rispetto alle richieste”, c’è chi come la Fegica parla di un “incontro deludente”. Un nuovo incontro, dopo quello di ieri al ministero delle Imprese e del Made in Italy è stato fissato per domani, 19 gennaio, prima della conferenza stampa di Faib, Fegica e Figisc che decideranno definitivamente se confermare o meno la proposta. Il Governo, intanto, si è detto disponibile ad apportare modifiche al decreto sulla trasparenza dei prezzi che ha iniziato il suo iter parlamentare.