A Bruxelles i negoziati sulla riforma del Patto di stabilità e crescita sono ancora in salita mentre si avvicina la scadenza del 31 dicembre. Se entro quella data i leader europei non avranno raggiunto un’intesa, torneranno in vigore le regole di bilancio che disciplinano i conti pubblici sospese durante la pandemia. È una corsa contro il tempo.
I tentativi di arrivare a un accordo sono falliti nella notte, dopo circa otto ore di negoziati. Il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni però resta “sufficientemente fiducioso”: Sono stati fatti “passi avanti sostanziali” e un’intesa prima di fine anno è “raggiungibile“ anche se “la missione non è ancora compiuta”, ha spiegato a margine dell’Ecofin, il Consiglio dei ministri dell’Economia degli Stati membri. “Siamo davvero vicini a un’intesa ma bisogna lavorare ancora nei prossimi giorni, perché l’equilibrio, necessario, tra la stabilità e lo spazio per la crescita e per gli investimenti venga mantenuto“.
Crede alla possibilità di chiudere entro l’anno anche il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis: “Direi che, visto il punto a cui siamo” è una prospettiva “realistica“.
Lo stallo è frutto del braccio di ferro tra i Paesi attenti alla necessità di ridurre l’indebitamento e quelli che spingono per aumentare gli investimenti. La vicepremier spagnola Nadia Calvino, alla presidenza di turno dell’Ue, non ha escluso la possibilità di convocare un Consiglio Ecofin straordinario per raggiungere un’intesa entro la fine dell’anno.
Il testo di compromesso
Sul tavolo c’è un “nuovo testo di compromesso” preparato da Germania, Francia, Italia e dalla stessa presidenza spagnola. “Abbiamo fatto molti progressi” ma è “un negoziato difficile“, spiegano fonti Ue. “C’è la volontà di chiudere un accordo” ma “servono una valutazione giuridica e consultazioni sulla nostra proposta, che non è stato possibile concludere stanotte. Gli elementi per un accordo ci sono, serve un lavoro finale sulla redazione giuridica del testo e sulla calibrazione”.
La proposta “terrà conto dell’impatto dell’aumento dei tassi di interesse nel periodo 2025-2027 e fornirà il margine di manovra necessario per continuare a investire e intraprendere riforme strutturali”, fanno sapere fonti diplomatiche.
Nel testo in discussione, non sono previste modifiche alle due regole auree (deficit e debito) mentre vengono estesi i tempi per i piani di rientro. Per quanto riguarda il disavanzo, si prevedono da 4 a 7 anni. Con il deficit eccessivo oltre il 3% del Pil scatta in automatico un aggiustamento strutturale annuo pari allo 0,5% del Pil per i Paesi con con debito sopra il 60% (1% annuo per quelli con un rapporto debito/Pil superiore al 90%).
Lo scoglio maggiore riguarda invece il debito. I Paesi molto indebitati, come l’Italia, spingono per un percorso di riduzione più morbido. Tra le ipotesi circolate, un arco temporale di 8-11 anni o 14-17 anni.
Giorgetti: “Servono regole coerenti con obiettivi”
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dal canto suo ha ribadito che “le regole di bilancio devono essere coerenti con gli obiettivi che l’Ue e i suoi Paesi si sono dati, in particolare alla luce delle sfide sul cambiamento climatico e con riferimento particolare alla difesa”. Inoltre, feriscono fonti italiane, Giorgetti ha ripetuto che la riduzione del debito deve essere graduale e sostenibile.
“I progressi compiuti testimoniano che c’è un riconoscimento del fatto che non siamo in una situazione normale, c’è una guerra in Europa”. Un altro punto essenziale per l’Italia resta il trattamento contabile degli investimenti nella transizione ecologica e digitale e nella difesa.
Cos’è il Patto di stabilità e cosa prevede
Il Patto di stabilità e crescita (“Stability and Growth Pact”) fa riferimento all’insieme delle regole di sorveglianza dei conti pubblici dell’Unione europea. È stato sottoscritto dai Paesi membri dell’Ue nel 1997. I capisaldi dell’impianto originario sono due: l’obbligo di mantenere il rapporto deficit/Pil sotto il 3% e il vincolo del rapporto debito/Pil entro il 60%. Negli anni tuttavia le regole hanno subìto degli aggiustamenti per venire incontro alle difficoltà incontrate da alcuni Paesi.
La sospensione durante la pandemia
Nel 2020 con lo scoppio della pandemia e lo stop delle attività produttive, gli Stati membri hanno dovuto finanziare grossi programmi di spesa pubblica. Da qui la decisione di sospendere temporaneamente il Patto di stabilità fino al 31 dicembre 2023. Tra i 27 nel frattempo è maturata la consapevolezza che non si possa tornare alle regole del passato e che occorra introdurne di nuove, adeguate ai tempi e alle sfide.