Il lavoro minorile è illegale in Italia se svolto prima dei 16 anni, ma nonostante ciò è un fenomeno che coinvolge da sempre ogni regione. In Italia quasi un minore su 15 ha dichiarato di aver svolto attività lavorative e il 27,8% di questi anche particolarmente dannose per la salute psicofisica. Sono i dati evidenziati dal report “Non è un gioco“, condotto da Save The Children.
Le esperienze di lavoro fatte prima dei 16 anni, seppur in alcuni casi necessari al sostentamento economico di ragazzi e famiglie, possono rappresentare un rischio per il percorso di studi. Questi possono essere ostacolati dagli orari di lavoro che potrebbero intaccare quelli scolastici o comunque il tempo che si dedicherebbe allo studio, ma anche da stanchezza e altri disturbi fisici provocati da attività continuative e impegnative.
Molti ragazzi raccontano infatti di aver lavorato durante le ore notturne e durante il periodo scolastico. I lavori maggiormente svolti coinvolgono la ristorazione per il 25,9%, la vendita al dettaglio in attività commerciali (16,2%), le attività in campagna o in cantiere (9% e 7,8%), il prendersi cura di un fratello o di un parente (7,3%) e le attività online che consistono soprattutto nella vendita di alcuni articoli. Il 6,6% dei ragazzi che hanno affermato di aver fatto esperienze di lavoro, ha dichiarato di aver svolto un’attività lavorativa prima degli 11 anni.
Quali sono i motivi che spingono al lavoro minorile?
Sono circa 58.000 gli adolescenti coinvolti nel fenomeno del lavoro minorile. Dalle ricerche svolte da Save The Children è emerso che quasi un ragazzo su tre, tra quelli intervistati e che lavorano e con un età compresa tra i 14 e i 15 anni, lo fa durante i giorni di scuola e che il 4,9% tra questi salta le lezioni per andare a lavoro. Questo farebbe senza dubbio aumentare i casi di bocciature per i minori. Ma cosa spinge i ragazzi a iniziare esperienze lavorative così presto? Sicuramente il desiderio di poter ottenere indipendenza economica e dei soldi propri (56,3%), il 38,5% degli intervistati afferma invece di lavorare perché ha piacere nel farlo. Per il 32,6% è il bisogno di offrire aiuto a casa a spingerli in questa scelta.
“La ricerca mette in luce come molti ragazzi oggi in Italia entrano nel mondo del lavoro dalla porta sbagliata: troppo presto, senza un contratto, nessuna forma di tutela, protezione e conoscenza dei loro diritti e questo incide negativamente sulla loro crescita e sul loro percorso educativo. [..] Per questo motivo chiediamo un’azione istituzionale coordinata che innanzitutto rilevi in modo sistematico la consistenza del fenomeno nei diversi territori e metta in atto misure volte a prevenirlo. Chiediamo che venga promossa un’indagine conoscitiva sul lavoro minorile e la dispersione scolastica. Allo stesso tempo, è necessario un intervento diretto a partire dai territori più deprivati per rafforzare le reti di monitoraggio, il sostegno ai percorsi educativi e formativi e il contrasto alla povertà economica ed educativa, con un’azione sinergica delle istituzioni e di tutti gli attori sociali ed economici” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice del Programma Italia-EU di Save the Children.