Qualche anno fa mi è capitato di raccontare la mia storia da imprenditore sociale in una scuola media, raramente mi capita di farlo con ragazzi così giovani, ma quella volta mi è rimasta impressa perché da una domanda apparentemente banale è nata una riflessione totalmente inaspettata. Dopo aver fatto un accenno alla diversità ed al suo valore, uno degli studenti, mi chiese: “Ma a cosa servono i disabili?”.
L’insegnante, visibilmente imbarazzata, lo fermò subito dicendo che queste non erano domande opportune, io invece gli chiesi di continuare, sono del parere che tutte le domande meritano una risposta, almeno la prima volta, e soprattutto se fatte dai ragazzi. In fondo quel ragazzo non aveva fatto nulla di tanto diverso da quello che manager e imprenditori fanno di solito con l’accessibilità e la disabilità, riducendole ad una mera analisi funzionale.
E’ possibile misurare l’accessibilità?
L’accessibilità non si misura con gli aspetti funzionali, e ve lo mostro con un esempio: immaginate un ristoratore che dopo aver speso 20.000 euro per adeguare il bagno del suo locale rendendolo accessibile, iniziasse a contare il numero di clienti in sedia a rotelle che ne fanno uso. Ammettiamo che in un anno siano passate 10 persone, il ristoratore tirando le somme direbbe che far andare al bagno un disabile è costato 2.000 euro. Ragionando in questo modo la prossima volta che una persona in sedia a rotelle si presenta al suo locale, il ristoratore preferirebbe offrirgli 500 euro per cenare altrove, risparmiando 1.500 euro e 15.000 in un anno.
Ora se l’esempio del ristoratore vi sembra assurdo, pensate ad un callcenter abituato a ragionare con i parametri dei costi di gestione per chiamata, se dovesse prevedere un interprete o un qualsiasi servizio aggiuntivo per venire in contro ad una fetta di clientela, la prima cosa che farebbe sarebbe proprio un’analisi di costi e benefici per il business. L’esempio del callcenter è meno esasperato del ristoratore, ma segue la stessa logica. Se la logica dominante è quella del profitto non avremmo mai accessibilità, perché servire minoranze nei marcati vale la pena solo per servizi di alto valore, non di certo per i beni e servizi di uso quotidiano.
Per questo motivo le rampe e i bagni accessibili come altri accorgimenti sono diventati obbligatori, non è stata trovata nessuna regola di mercato che incentivasse i privati all’accessibilità. Attualmente vi è una mediazione continua tra l’imprenditoria che desidera la maggiore libertà di gestione alla società che deve garantire i diritti di tutti. La regola “in medio stat virtus” poteva andare bene ai tempi dei latini, ma non in un’epoca disruptive, caratterizzata da grandi cambiamenti in tempi brevi dove spesso vige la regola “il vincitore prende tutto”. Perché non cambiare punto di vista e guardare la disabilità con occhi diversi?
L’importanza della diversità
La risposta la troviamo proprio nella domanda che mi fece quel ragazzo a scuola: a cosa serve la disabilità? Leggendola in modo più ampio a cosa serve la diversità?
La diversità è un’opportunità di vedere le cose da prospettive differenti e di scoprire la bellezza dove non la immaginavamo. Può sembrare strana questa visione, ma fa parte dell’evoluzione umana.
In principio l’attenzione massima era data ai bisogni primari, con l’avanzare della civiltà la cultura ha avuto un peso sempre più rilevante, i nostri bisogni sono cambiati, se prima mangiavamo per sopravvivere adesso il cibo è una scoperta che ha dato vita a innumerevoli varianti alcune anche ai limiti dell’assurdo come i caffè kopi luwak. La ricerca della diversità alla fine ci caratterizza moltissimo in questo periodo, ma siamo purtroppo vittime di diversi pregiudizi che sono stati combattuti con il perbenismo ed il politically correct.
In questo scenario si fa spazio anche la disabilità, perché da un lato ci fa sembrare fortunati a non aver avuto la stessa sorte, ma l’insegnamento più grande è sulle priorità che diamo nella nostra vita.
Una persona in sedia a rotelle può insegnarci che possiamo fare a meno di qualcosa che reputiamo indispensabile come le gambe, una persona sorda ci può far conoscere un nuovo modo di ascoltare e capire le persone. Coltiviamo passioni ed interessi, per l’arte e la letteratura e non ci poniamo tante domande sulla loro utilità perché ci sembra scontata, altrettanto dovremmo fare nei confronti della disabilità.
“A cosa serve la disabilità?”
Tornado alla domanda iniziale, a quel ragazzo risposi così: “La disabilità serve a farci capire quali sono le cose importanti nella vita, serve ad insegnarci il rispetto e ci offre un punto di vista diverso, a volte forzato. Proprio come conoscere la storia e l’arte è indispensabile per saper apprezzare le bellezze attorno a noi, è importante conoscere la disabilità per saper apprezzare la vita”.
La risposta fu convincente solamente in parte, a lui la storia non piaceva molto, ed effettivamente anche a me alla sua età non appassionava, la parte che lo colpì invece fu proprio la storia di Pedius, di come da una disabilità sia nato un lavoro, alla fine il paradosso dell’imprenditore sociale colpisce sempre.
Sicuramente un’imprenditorialità diversa è in grado di generare molto valore dalla diversità, e soprattutto le testimonianze offrono grandissime fonti d’ispirazione.
Ho assistito a tantissime testimonianze che mi hanno lasciato davvero il segno, una che in questo momento mi sento di raccontarvi è di quando ho incontrato per la prima volta Zanardi, non abbiamo parlato molto, ma la sua energia e la sua storia trasmettono un’energia unica che non si riesce ad esprime solo con le parole, mi auguro per lui che questo incidente diventi un’ulteriore testimonianza di bellezza.