Dall’Istat arrivano dati tutt’altro che incoraggianti, ancorché prevedibili, per quanto riguarda l’economia italiana. Secondo le previsioni dell’Istituto di statistica, infatti, il Pil del Paese subirà una forte contrazione nel 2020, un crollo stimato all’8,3% rispetto allo scorso anno. L’Istat prevede poi una lenta ripresa nel 2021, stimando una crescita del 4,6%.
Le cause del crollo, secondo l’Istat
“Il dilagare dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo hanno determinato un impatto profondo sull’economia – si legge nel documento diffuso dall’Istituto –. Inoltre, la rapida diffusione dell’epidemia a livello globale ha drasticamente ridotto gli scambi internazionali e quindi la domanda estera rivolta alle nostre imprese”. Tutto ciò avrà un impatto anche sui consumi delle famiglie, per i quali è prevista una riduzione dell’8,7%, e degli investimenti, che diminuiranno del 12,5%. Si alza dell’1,6% la spesa delle amministrazioni pubbliche.
I dati relativi al 2020, però, non sono tutti negativi, specie se si prendono in esame periodi di tempo più limitati. Gli indicatori economici a disposizione per il mese di maggio, infatti, mostrano primi segnali di ripresa, in concomitanza con la Fase 2 e la riapertura delle attività. In particolare, per l’Istat, nei prossimi mesi ci sarà “un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul Pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno”.
Oscillano i dati sulla disoccupazione
Per quanto riguarda la disoccupazione, la previsione per il 2020 vede una riduzione del dato complessivo al 9,6% rispetto al 10% del 2019. Il dato, però, dovrebbe risalire il prossimo anno, portando la percentuale dei disoccupati al 10,6%. A influenzare la previsione sia per quest’anno sia per il prossimo è, per l’Istat, “l’effetto della transizione verso l’inattività nel biennio di previsione”. Confrontando i dati con la media del 2019, infatti, risulta che nei primi mesi del 2020 “500mila persone hanno smesso di cercare lavoro, transitando tra gli inattivi”.