Far sì che gli occupati del settore della cultura non perdano fiducia nel futuro, motivazione e il posto di lavoro, attraverso l’istituzione di un “Fondo per la Cultura” che permetta agli attori in gioco di “comprare tempo” per progettare sin da ora il presente e il futuro del proprio campo d’azione, innovando i modelli di business e le modalità di fruizione del prodotto culturale: sono queste le priorità di uno degli asset portanti dell’economia e della vita sociale italiana, ovvero la cultura, evidenziate da Andrea Cancellato in un’intervista a “Genio & Impresa”, il magazine di Assolombarda. Secondo il presidente di Federculture e project manager per il Design Museum ADI collezione Compasso d’oro, il digitale è inoltre chiamato a svolgere un ruolo chiave per conciliare cultura d’impresa e cultura del progetto, proprio perché il distanziamento sociale in atto rende il tutto più difficoltoso.
I numeri in Italia
Per capire l’importanza ricoperta dal settore in Italia, basta gettare uno sguardo ai numeri: attualmente sono oltre 840mila gli occupati diretti secondo uno studio di Intesa San Paolo e Mediocredito Italiano, mentre il peso economico è stato valuto da Symbola in oltre 95 miliardi. Non solo, secondo Cancellato a questo si aggiunge anche la funzione sociale e di utilità pubblica: “In molti casi, soprattutto nelle zone più periferiche delle grandi città, la cultura rappresenta l’unico presidio di vita sociale”. Un settore fondamentale, quindi, ma che più di ogni altro sta soffrendo il peso del lockdown secondo il presidente di Federculture: “È stato il primo costretto alla chiusura e sarà l’ultimo a riaprire, peraltro con più di un’incognita relativa alla sua capacità di tornare a pieno regime in presenza dei vincoli di distanziamento sociale”.
Nuovi modelli di business
Tutti gli operatori hanno la piena consapevolezza della necessità di cambiare le modalità di produzione e di offerta culturale. Un’operazione che non si può improvvisare e richiede tempo. E da Genio & Impresa Cancellato lancia con forza una proposta per salvare il settore, rivendicando l’importanza di un Fondo per la Cultura per consentire di “comprare tempo” e progettare il nuovo, innovando i modelli di business culturale e le modalità di fruizione, anche grazie alle nuove tecnologie. Se così non fosse “molte imprese rischiano di non sopravvivere” puntualizza. E ancora sul digitale spiega: “Ha rappresentato una prima valvola di sfogo per mantenere aperte le relazioni tra i produttori di cultura e il pubblico. Occorre però avvertire che la produzione culturale si sviluppa in una comunità, il digitale può aiutare, ma non può sostituire l’esperienza comunitaria che vive in un rapporto simbiotico e insostituibile con il pubblico. Inoltre, una produzione per il “digitale” ha caratteristiche diverse rispetto a quella tradizionale.
Per questo, se avremo modo di superare l’emergenza senza perdere il prezioso capitale di competenze accumulato negli anni, ci sarà l’opportunità di una grande innovazione dei modelli di business con un ruolo importante delle nuove tecnologie e l’insieme delle professionalità che richiedono”. Infine, un pensiero al futuro: “Dobbiamo favorire un nuovo modo di fare progetto capace di interpretare i bisogni, le difficoltà e, a volte, anche le sofferenze identificando soluzioni praticabili. La fortuna del design italiano e del Made in Italy era basata su un’economia di pace, frutto di relazioni e dialoghi. Oggi siamo di fronte a una fase nuova che può anche essere di lungo periodo. Non basta più, se mai è stata sufficiente in passato, una risoluzione elegante a problemi complessi. È richiesto altro: la capacità di coniugare definitivamente design a innovazione. Anche il sistema formativo ne deve prendere atto e i primi segnali sono incoraggianti”.