In Italia sono presenti 16 delle 34 materie prime critiche, ma attualmente si trovano in miniere chiuse da 30 anni. Secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, occorre investire per riaprirle, promettendo l’impegno del governo, in audizione oggi al Senato, sul tema dell’approvvigionamento delle materie prime.
Adolfo Urso e la potenzialità delle materie prime critiche presenti in Italia
“Occorre dunque investire e riattivare queste potenzialità, la proposta di regolamento comunitario ci chiede di riaprire le miniere e compiere uno sforzo per gli investimenti e il recupero di capacità tecnologica. E’ una sfida e una grande opportunità per il nostro paese, in 30 anni la tecnologia ha fatto tanti passi in avanti”.
Per sostenere la produzione mineraria, afferma Urso, potrebbe entrare in campo anche il fondo sovrano per il Made in Italy che intende promuovere le filiere strategiche. L’Italia, spiega, “ha miniere di cobalto, di nichel, rame e argento in Piemonte, di terre rare in Sardegna, di litio nel Lazio e possiede rifiuti minerari abbondanti per 70 milioni di metri cubi accumulati nei decenni passati e ora utilizzabili con le tecnologie attuali”.
Sull’approvvigionamento delle materie prime critiche, ha ricordato “siamo esposti a rischi evidenti e le crisi recenti ce lo hanno ricordato. Il fabbisogno è destinato ad aumentare in modo esponenziale perché è strettamente connesso allo sviluppo delle tecnologie necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione”.
“Siamo nelle fasi che ricordano la corsa all’oro del diciannovesimo secolo – ha spiegato – le stime indicano che nel 2050 la domanda di litio per le batterie aumenterà di 89 volte, la domanda di terre rare crescerà di 6-7 volte, quella di gallio di 17 volte. Ora l’Unione Europea acquista il 97% del magnesio dalla Cina, le terre rare pesanti utilizzate nei magneti permanenti sono raffinate esclusivamente in Cina, il 63% del cobalto mondiale utilizzato nelle batterie viene estratto nella Repubblica democratica del Congo, mentre il 60% viene raffinato in Cina“.
Dove invece l’Italia occupa già una posizione di tutto rilievo è nel riciclo di materie prime critiche in Europa, che potrebbe arrivare nel 2040 a soddisfare il 32% del fabbisogno annuo nazionale in questo settore. L’Italia, ha concluso, “ha una importante capacità di recupero, ma bisogna aumentare i tassi di raccolta e sviluppare le filiere industriali, questa è la strada per ridurre la nel breve termine la dipendenza da paesi terzi”.