È emersa, nell’insula 10 della Regio IX a Pompei, una natura morta che raffigura uno xenìa, un dono che si offriva agli ospiti, in cui appare come una pizza in un dipinto di 2000 anni fa.
Come spiegano gli archeologi del Parco Archeologico di Pompei, accanto a un calice di vino, posata su un vassoio di argento, è raffigurata una focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari – tra i quali si riconoscono un melograno e forse un dattero – condita con spezie o con un tipo di pesto – moretum in latino -.
La natura morta dell’affresco di Pompei allude all’ospitalità e alla sfera sacra
Sul vassoio sono presenti anche della frutta secca e una ghirlanda di corbezzoli gialli, accanto a datteri e melograni. Questo genere di immagini prendeva spunto dai doni ospitali che si offrivano agli ospiti secondo una tradizione greca risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C).
Dalle città vesuviane si conoscono circa trecento di queste raffigurazioni, che spesso alludono anche alla sfera sacra, oltre a quella dell’ospitalità, senza che tra le attestazioni rinvenute finora ci sia un confronto puntuale per l’affresco recentemente scoperto, che colpisce anche per la sua notevole qualità di esecuzione.
“Oltre all’identificazione precisa dei cibi rappresentati – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – ritroviamo in questo affresco alcuni temi della tradizione ellenistica, elaborata poi da autori di epoca romana-imperiale come Virgilio, Marziale e Filostrato. Penso al contrasto tra un pasto frugale e semplice, che rimanda a una sfera tra il bucolico e il sacro, da un lato, e il lusso dei vassoi d’argento e la raffinatezza delle rappresentazioni artistiche e letterarie dall’altro. Come non pensare, a tal proposito, alla pizza, anch’essa nata come un piatto povero nell’Italia meridionale, che ormai ha conquistato il mondo e viene servito anche in ristoranti stellati”.
L’affresco nel dettaglio
L’affresco è stato rinvenuto nell’atrio di una casa dell’Insula 10 della Regio IX in corso di scavo, già esplorato in parte tra il 1888 e il 1891 e le cui indagini sono state riprese a gennaio scorso. Le strutture scavate nell’800 e parzialmente a vista facevano già supporre la presenza di un ampio atrio con la classica successione degli ambienti sul lato orientale e, sul lato opposto, l’ingresso al settore produttivo del forno.
L’atrio è stato liberato dal materiale di risulta degli scavi ottocenteschi rivelando il crollo delle coperture, all’interno dello strato di pomici bianche e una porzione residuale degli strati vulcanici da flusso (cineriti) nel settore meridionale. Negli ambienti di lavorazione vicini al forno, nelle settimane passate, sono stati rinvenuti gli scheletri di tre vittime.
L’intero cantiere di scavo dell’insula 9 interessa un’area di circa 3.200mq, quasi un intero isolato della città antica sepolta nel 79 d.C. dal Vesuvio e si inserisce in un più’ ampio approccio, sviluppato durante l’ultimo decennio e teso a rettificare e risolverei problemi idrogeologici e conservativi dei fronti di scavo, ovvero il confine tra la parte scavata e quella inesplorata della città antica. Quest’ultima ammontante a circa 22ettari di isolati e case ancora sepolti sotto lapilli e cenere, quasi un terzo dell’abitato antico.
“Pompei non finisce mai di stupire, è uno scrigno che rivela sempre nuovi tesori. Al di là della questione di merito su cui parleranno gli studiosi, va sottolineato il valore globale di questo sito al quale stiamo dedicando le nostre cure, con la chiusura del Grande Progetto Pompei ma anche con l’avvio di nuove iniziative. La tutela e lo sviluppo del patrimonio, in ossequio all’art. 9 della Costituzione, sono una priorità assoluta”. Lo sottolinea in una nota il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dopo la scoperta dell’ affresco di Natura morta nell’area della Regio IX.