Napoleone, 200 anni fa la morte
di una figura ancora discussa oggi

Oggi, 5 maggio, ricorre il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte, deceduto nel 1821 durante l’esilio a Sant’Elena. A due secoli dalla scomparsa, politici, storici e istituzioni, francesi (e non) affrontano ancora adesso le mille sfaccettature di questo personaggio controverso: dai lati positivi fino a quelli più difficili e imbarazzanti. È stato al potere tra il 1799 e il 1815, con la sconfitta a Waterloo e il ministro francese incaricato della Parità tra Uomini e Donne lo ha recentemente definito, tra l’altro, “un grande misogino”.

Le parole di Macron sulla figura di Napoleone

Napoleone Bonaparte è stato declamato nella celebre poesia di Alessandro Manzoni. Viene anche ricordato come un leader visionario che pose le basi dello Stato moderno con il Codice civile del 1804. “Il nostro passato è il nostro passato e dobbiamo addossarcelo”, sottolinea Emmanuel Macron. Insistendo sulla necessità di coltivare una “storia condivisa”. Ma rifiutando al tempo stesso “complessi di colpa mortiferi”. Siano essi su Napoleone, sull’azione della Francia in Algeria o sul Ruanda. Giusto per citare alcuni dei grandi dossier legati alla memoria storica affrontati durante il mandato di Macron.

La sua forte influenza in Italia

Luci e ombre per Napoleone, quindi, accusato di avere ripristinato la schiavitù nel 1802 dopo che era stata abolita nel 1794, cinque anni dopo la Rivoluzione francese, come ricordato nelle scorse settimane dalla Fondation pour la Memoire de l’Esclavage. Un gesto “abominevole”, per il presidente Macron. Napoleone resta anche un capo di guerra che sacrificò la vita di migliaia di uomini durante le sue numerose campagne militari, tra cui la campagna d’Italia.

Sottrasse anche straordinarie opere d’arte del patrimonio italiano nelle cosiddette spoliazioni napoleoniche, tra cui opere d’arte meravigliose come “Le Nozze di Cana”, capolavoro assoluto di Paolo Veronese, oggi custodito al Louvre, ma presente in origine nel refettorio benedettino del complesso architettonico sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. E la fine della Serenissima nel 1797 resta ancora una ferita aperta.

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