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CULTURA

Legalità ambientale, i carabinieri donano 100 “Alberi di Falcone”

Tanti “Alberi di Falcone” per promuovere la legalità anche in campo ambientale. È questa l’iniziativa promossa a Palermo dalla Fondazione Falcone, nata in ricordo del giudice simbolo della lotta alla mafia morto per mano di Cosa nostra il 23 maggio 1992, in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri e il Ministero della Transizione ecologica.

Entra così nel vivo il progetto nazionale di educazione alla legalità ambientale ‘Un albero per il futuro’. Oggi, sabato 19 novembre, nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo, teatro del maxiprocesso istruito dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si è infatti tenuta la consegna delle prime 100 “piantine di Falcone” agli istituti scolastici che hanno aderito all’iniziativa.

Le piantine sono nate dalla duplicazione delle gemme dell’Albero di Falcone. La storica pianta è tuttora posta all’ingresso di quella che fu l’abitazione palermitana del magistrato e della moglie, Francesca Morvillo, anche lei morta nella strage di Capaci insieme agli uomini della scorta.

Legalità, ecco ‘Un albero per il futuro’

Il progetto ‘Un albero per il futuro’ è però ben più ampio. Esso prevede infatti la donazione e la messa a dimora di circa 50mila piantine nelle scuole italiane nel triennio 2020-2022 per creare un grande bosco diffuso della legalità. Le piantine provengono infatti dal Ficus macrophilla columnaris magnoleides diventato il simbolo del riscatto della società civile contro le mafie.

Da questo gli esperti hanno prelevato delle talee che poi sono state duplicate nei laboratori del Centro nazionale per la biodiversità forestale dell’Arma. Dalla struttura di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, sono così “nati” circa mille esemplari con lo stesso genoma della pianta madre. Attualmente, oltre 300 scuole italiane (di cui 200 in Sicilia) hanno già chiesto di avere uno degli Alberi di Falcone.

Il videomessaggio di Maria Falcone

“Sono molto contenta di essere oggi qui con voi, anche se da lontano – dice Maria Falcone, sorella del giudice antimafia, in un videomessaggio –. Questa iniziativa mi fa tornare indietro di trent’anni, ai giorni immediatamente successivi a quel tremendo 23 maggio. Fu una mia cara amica, che abitava due portoni più avanti del palazzo di Giovanni, a portarmi un pomeriggio un bigliettino che aveva trovato sotto all’Albero di Falcone”.

“Quell’albero in pochi giorni era diventato il simbolo di una città risvegliata, voleva cambiare. Il bigliettino, in sintesi, diceva che il sangue dei martiri sarebbe servito a creare la rivoluzione di Palermo – racconta ancora Maria Falcone –. Ma ciò che mi impressionò fu la firma di quel bigliettino: ‘Uno di Ballarò’.

“Pensai immediatamente a quanto fosse cambiata Palermo. Perché, se un quartiere come Ballarò si rimetteva in discussione e parlava di rinnovamento della città, significava che la morte di Giovanni aveva creato l’input per questo cambiamento – conclude –. E lì decisi che anch’io avrei dovuto fare qualcosa. Fu proprio da quel bigliettino che nacque il mio desiderio di creare la Fondazione e via via tutta l’attività che abbiamo svolto in questi trent’anni”.

Maria Falcone

Mille scuole coinvolte, 5mila alberi piantati

Dall’inizio del progetto educativo, sono però quasi mille gli istituti che hanno aderito e scelto di intraprendere questo percorso verso la consapevolezza sui temi ambientali e climatici. E sono già più di 5mila le piante che i militari hanno piantato nel corso degli anni.

Tutte sono infine monitorate e geolocalizzate da un apposito portale, dove un algoritmo calcola in tempo reale il quantitativo di CO2 che ognuna assorbe. Come segno di inclusività e di promozione della legalità, i carabinieri dei Comandi Forestali regionali hanno messo a dimora un Albero di Falcone anche nel parco vicino al carcere palermitano dell’Ucciardone.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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