Tutti gli esseri umani quando comunicano, sembrano non riuscire a fare a meno di usare anche il corpo: è la cosiddetta comunicazione non verbale, quella effettuata attraverso gesti, sguardi, espressioni e in tanti altri modi.
Noi italiani, in particolare, siamo conosciuti in tutto il mondo per esprimerci anche attraverso i gesti. Capiamo cos’è la comunicazione non verbale, perché gesticoliamo e se davvero è un fenomeno specificamente italiano.
Gesticolare è fare comunicazione non verbale
Quando parliamo non sempre ci accorgiamo di usare anche la testa, le mani, lo sguardo e persino le gambe. Per esigenze di schematizzazione, infatti, si possono distinguere la comunicazione verbale (la trasmissione in sé e per sé del contenuto di un messaggio), comunicazione paraverbale (nella comunicazione orale si pensi al volume, tono, ritmo, altezza e timbro della voce) e comunicazione non verbale (mimica, gestualità e postura).
Esistono diverse classificazioni dei gesti, eccone alcune:
- Gesti iconici: mimano il significato da esprimere e sono quasi universalmente identificabili, anche senza l’uso della parola. Pensiamo per esempio al gesto del bere, in cui la mano mima un bicchiere che viene portato verso la bocca.
- Gesti co-verbali: hanno lo scopo di accompagnare l’andamento del discorso parlato con una funzione simile a quella dell’intonazione: ritmo, melodia, volume. Pensiamo al nostro gesticolare mentre raccontiamo un episodio che ci ha coinvolti.
- Gesti simbolici: sono gesti che hanno significato solo in alcuni contesti, per esempio il gesto della mano che tende a chiudersi facendo toccare il pollice con le altre dita attaccate. In Italia è perfettamente compreso a seconda del contesto, ma al di fuori del nostro Paese è spesso frainteso o non capito. Questa tipologia di gesti ha infatti un significato ben preciso solo all’interno della società che li elabora e li trasmette, perché il loro significato è condiviso socialmente.
Alcuni gesti, poi, fanno parte di alcune specifiche identità culturali: si pensi al segno della croce, in cui si riconoscono le persone di religione cristiana, mentre al di fuori di tale gruppo religioso il gesto è privo di significato (oppure ha significati diversi).
Perché abbiamo bisogno di esprimerci a gesti?
Si può dire che il gesto è il mezzo più efficace per esprimere idee complesse e astratte, sentimenti, stati emotivi, atteggiamenti che vengono immediatamente percepiti dall’interlocutore.
Un’altra funzione molto importante che i gesti svolgono è quella di attirare l’attenzione dell’interlocutore su elementi della situazione che sono rilevanti per la comunicazione (pensiamo al gesto di indicare qualcosa).
Non solo: la gestualità ricoprirebbe un ruolo importantissimo anche per la memoria e l’apprendimento. Proibire, per esempio, l’uso delle mani durante l’esecuzione di semplici compiti peggiora notevolmente i risultati della propria performance.
Ma dunque è solo una particolarità tutta italiana? Le gestualità si osservano in tutte le comunità umane (per es. sorridere quando si è felici, accigliarsi quando si è tristi) ma soprattutto, ciascuna comunità umana sviluppa un proprio codice gestuale.
Gran parte del modo di gesticolare, infatti, sembra essere appreso, in quanto il significato di molti movimenti e gesti è determinato dal tipo di cultura a cui l’individuo appartiene.
Questo è il motivo per cui un gesto comune all’interno di una certa cultura con una chiara interpretazione, in un’altra potrebbe non avere lo stesso significato: per esempio il gesto delle corna, che può avere un significato molto offensivo e al tempo stesso simbolizzare il concetto di buona fortuna.
Sembra poi che alcune culture debbano essere considerate più gestuali di altre. Sappiamo tutti che gli italiani sono conosciuti per il fatto di parlare con le mani e in effetti gesticoliamo moltissimo.
In realtà questa è un’affermazione non del tutto provata. Anzitutto esistono enormi differenze all’interno del popolo italiano stesso: per gli italiani del nord, ad esempio, sono gli italiani del sud a gesticolare maggiormente.
Inoltre bisogna capire in cosa consistano queste differenze culturali: se si tratta di variazioni solo numeriche, nel senso che alcuni parlanti gesticolano più di altri, oppure anche qualitative, nel senso che sono i tipi di gesti a essere diversi, nella forma o magari nello spazio e nelle dimensioni.
Infine, non è ancora chiaro se queste differenze siano un fatto solo culturale oppure anche linguistico: in altre parole, si tratta di capire se si parla di differenze legate all’ambiente e alla storia di un popolo (si dice, ad esempio che gli italiani abbiano sviluppato una forma alternativa di comunicazione tra il XIV e il XIX secolo, quando vivevano sotto l’occupazione di altri popoli come spagnoli, austriaci e francesi) oppure se dipendano dalle caratteristiche sintattiche o pragmatiche delle lingue, che causano un certo tipo di gestualità piuttosto che un altro.