Il 25 luglio è una data importante per la storia d’Italia: è la data della fine del regime fascista. Era, infatti, il 25 luglio 1943 quando il Gran Consiglio decise per la deposizione di Benito Mussolini e il re Vittorio Emanuele III nominò Pietro Badoglio a capo del Governo. Due atti che misero fine in poche ore a una dittatura durata ventuno anni. Oggi cadono gli ottant’anni da questo avvenimento. Scopriamo, allora, quali furono le cause e gli episodi chiave.
25 luglio 1943: la fine del regime fascista
Come si arrivò, quindi, alla fine della dittatura? La crisi del regime si trascinava ormai da più di un anno. La popolazione, a cavallo tra il 1942 e il 1943 era allo stremo. Molte città erano al centro di continui bombardamenti. Nelle case mancavano anche i generi di prima necessità. La guerra, poi, non stava di certo volgendo a favore dell’Italia. Il fronte africano si era lentamente sgretolato e l’esercito aveva registrato una vera e propria disfatta anche in Russia.
La pressione intorno a Benito Mussolini era molto alta. In molti spingevano per cercare una via d’uscita. La volevano i funzionari di corte così come lo stato maggiore dell’esercito e molti componenti dello stesso partito fascista. Di contro, però, re Vittorio Emanuele III nutriva ancora fiducia nel duce e guardava con preoccupazione agli Alleati.
La rapida successione degli eventi
Questa fiducia dura, però, molto poco. Il duce procede a un rimpasto di Governo, per placare le proteste popolari, ma il 13 maggio l’esercito italiano cede Tunisi. È la goccia che fa traboccare il vaso. Il re cambia il suo punto di vista e inizia a lavorare per fare uscire l’Italia dalla guerra e per deporre Mussolini.
Il 10 luglio gli Alleati sbarcano in Sicilia e iniziano la loro risalita lungo la Penisola. È l’ultima atto che decreta ufficialmente che la guerra è irrimediabilmente persa. Il partito fascista si spacca. Da un lato Dino Grandi, che vuole la deposizione del duce, dall’altro Roberto Farinacci e Carlo Scorza, che scelgono di puntare ancora sulla Germania.
Il re, nel frattempo, avvisa Badoglio che lo nominerà presto capo di Governo. Il duce, pochi giorni dopo, ignorando ciò che sta accadeno attorno a lui, incontra Hitler. L’incontro non va come sperato. Il dittatore tedesco critica l’esercito italiano e Mussolini interrompe subito il faccia a faccia. La fine del regime è ormai vicina.
La sfiducia del Gran Consiglio
Il 24 luglio è convocato il Gran Consiglio e per Dino Grandi è il momento di entrare in azione. Presenta il suo Ordine del giorno, che chiede di restituire al re i poteri militari. Il documento viene approvato e sancisce, di fatto, la fine del regime. Mussolini, infatti, si reca da Vittorio Emanuele III, il quale gli comunica che sarà sostituito da Badoglio. Poi, mentre esce da quella che oggi è Villa Ada, lo fa arrestare. È la fine di un regime durato ventuno anni. Non, però, della guerra. Il Governo Badoglio rompe l’alleanza con la Germania e il Paese piomba nel caos. Inizia, così, la guerra civile, con l’Italia spaccata in due. Si dovrà attendere il 1945 per la fine delle ostilità.