Tredici anni fa la condanna definitiva all’ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi per la Strage di Erba per l’uccisione di 4 persone
Alla Corte d’Appello di Brescia si è tenuta l’udienza per discutere le due richieste di revisione del processo sulla Strage di Erba, cioè l’omicidio di quattro persone per cui furono condannati all’ergastolo in via definitiva Olindo Romano e Rosa Bazzi.
I giudici stanno esaminando due richieste di aprire un processo di revisione: la prima presentata dagli avvocati di Romano e Bazzi, la seconda dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser.
I giudici hanno ritenuto che le due richieste fossero formalmente ammissibili, ma devono essere discusse nel merito: se i rilievi saranno giudicati validi verrà aperto il processo di revisione, altrimenti verrà confermata la condanna.
Strage di Erba, quali sono le prove che fanno ancora discutere?
Venerdì mattina scorso hanno parlato le parti che rappresentano l’accusa – l’avvocato dello Stato Domenico Chiaro e il procuratore generale Guido Rispoli – oltre agli avvocati delle parti civili.
L’avvocato dello Stato interviene nella discussione perché la difesa chiede il riconoscimento di un eventuale errore giudiziario commesso dalla giustizia, e quindi dallo Stato.
Gli avvocati di parte civile, invece, rappresentano le persone danneggiate dal reato discusso in aula. Gli avvocati di Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno chiesto alla Corte di Appello una nuova udienza per esaminare le memorie presentate dalle parti civili. La Corte d’Appello ha concesso il rinvio al prossimo 16 aprile.
La strage di Erba avvenne nel 2006: l’11 dicembre verso le 20:20, in un appartamento di via Diaz a Erba in provincia di Como, vennero assassinate quattro persone: Raffaella Castagna, 30 anni, suo figlio Youssef, due anni, sua madre Paola Galli, 57 anni, e una vicina di casa di Castagna, Valeria Cherubini, 55 anni.
Tutte queste persone furono uccise con coltelli e armi contundenti. Il marito di Cherubini, Mario Frigerio, 66 anni, fu colpito alla gola da una coltellata, ma riuscì a salvarsi.
In un primo momento le indagini si concentrarono sul marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, Azouz Marzouk, che aveva precedenti per spaccio di droga. Si scoprì però che al momento degli omicidi Marzouk si trovava in Tunisia, in visita alla sua famiglia di origine.
Rosa Bazzi e Olindo Romano, vicini di casa di Castagna e Marzouk, furono fermati e poi arrestati l’8 gennaio del 2007. Confessarono ma dopo qualche mese ritrattarono la confessione. Disse Olindo Romano agli investigatori:
“Io vi racconto tutta la verità adesso, poi qualche piccolo particolare poi dopo, lo rivediamo magari dopo perché … Niente quella sera lì eravamo in due, e io ero fuori che fumavo e mia moglie era in casa. Quando è arrivata la Castagna con la macchina del padre e la figlia e il nipote, io ero già fuori. Mia moglie è uscita, le abbiamo lasciate salire e nell’andare in là abbiamo messo i guanti, tutti e due, i guanti di tela bianca … Siamo entrati prima io e mia moglie penso che ce l’avevo subito dietro, ho colpito la Raffaella subito, ho colpito la madre subito e mia moglie è corsa dal bambino. Poi, mia moglie è ritornata e mi ha dato una mano a finire la mamma della Raffaella, poi siamo passati sulla Raffaella ed abbiamo finito anche lei”.
Durante gli interrogatori Romano e Bazzi parlarono ai magistrati di dettagli che solo chi aveva commesso gli omicidi poteva conoscere: per esempio, dissero che Valeria Cherubini si era trascinata fino al pianerottolo del secondo piano, fino al suo appartamento, oppure che i cuscini trovati accanto ai corpi di Raffaella Castagna e della madre Paola Galli erano stati usati per soffocare le urla.
I carabinieri impegnati nelle indagini trovarono molte prove contro di loro: alcune più labili, altre più consistenti. Fu trovata una traccia di DNA sull’auto Seat Arosa di Romano e Bazzi oltre al sangue di Valeria Cherubini, la moglie di Frigerio: il sangue non era visibile a occhio nudo e venne trovato sul battitacco sul lato del conducente insieme ad altre tre tracce.
Inoltre fu molto importante la testimonianza di Mario Frigerio che indicò Olindo Romano come autore dell’aggressione dopo aver descritto in un primo momento una persona diversa.
Nell’aprile del 2007 Romano e Bazzi scrissero una lettera destinata a un religioso in cui parlarono apertamente della strage nonostante si dichiarassero innocenti: “Non ci siamo ancora resi conto di ciò che abbiamo fatto. Il perdono, il pentimento, si contrappongono all’odio e alla rabbia, alle umiliazioni subite in questi anni, la nostra colpa, la responsabilità di chi poteva evitare tutto questo e non lo ha fatto”.
Olindo Romano e Rosa Bazzi furono condannati all’ergastolo. La sentenza fu confermata dalla Corte d’Appello di Milano e infine dalla Cassazione, l’ultimo grado di giudizio. Durante i processi Romano e Bazzi hanno sempre sostenuto la loro innocenza. Anche Marzouk ha cambiato idea e da anni si dice convinto della loro innocenza.
La difesa e il procuratore di Milano hanno presentato una richiesta di revisione del processo, che è l’estrema e straordinaria possibilità prevista dal codice di procedura penale italiano di correggere un errore giudiziario che ha portato a una condanna definitiva e irrevocabile.
Di fatto la revisione del processo è un nuovo processo, chiamato appunto “processo di revisione”, che viene istituito soltanto in presenza di argomenti e prove molto forti per sovvertire la decisione di colpevolezza.
Questi argomenti devono essere valutati con criteri molto rigidi da una Corte d’Appello che ne deve decidere l’ammissibilità, prima di avviare l’eventuale nuovo processo che si può concludere comunque con una conferma della condanna.
La revisione del processo può essere chiesta “se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto”. Oppure “se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato”.
Le prove che esistevano già prima della sentenza possono sostenere la richiesta di revisione, quando non acquisite nei primi processi per diverse ragioni, tra cui la negligenza o per volere dell’accusa. Questi elementi rientrano comunque nell’ambito delle prove nuove insieme a quelle scoperte dopo la condanna.
L’unica richiesta ammessa è il proscioglimento: non si possono chiedere diminuzioni di pena o sconti, perché l’obiettivo della revisione del processo è correggere decisioni palesemente errate.
La richiesta di revisione del processo per la strage di Erba si basa su diversi elementi: la difesa sostiene che Frigerio nel ricordare l’aggressione possa essersi fatto suggestionare.
Un altro elemento riguarda le confessioni: secondo la difesa i racconti di Romano e Bazzi non rispecchiano i risultati ottenuti dalle autopsie sulle vittime.
Nella richiesta di revisione si legge anche che le tracce di sangue sarebbero state portate casualmente nell’auto dei coniugi dagli investigatori impegnati nei primi rilievi. La tesi della difesa è che gli omicidi siano stati commessi per vendetta da un clan di spacciatori di cui faceva parte Marzouk.
Tutti questi elementi erano già stati valutati nei tre gradi di giudizio. I giudici della Corte di Appello di Brescia dovranno decidere se effettivamente nella richiesta di revisione ci siano nuove prove e solo a quel punto verrebbero nominati consulenti per valutarle.