Santa Maria Capua Vetere, detenuto racconta tutto: “Noi massacrati”

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Non posso ripensarci, o vado al manicomio. Secondo me erano drogati. Erano tutti con i manganelli“. Lo ha dichiarato in un’intervista Vincenzo Cacace, ex detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, vittima del pestaggio da parte della polizia penitenziaria avvenuto lo scorso aprile.

Cosa successe a Santa Maria Capua Vetere nel dettaglio

Cacace ricostruisce ciò che avvenne a Santa Maria Capua Vetere: “Quando ci hanno fatto fare i colloqui, noi abbiamo fatto delle piccole proteste. Poi siamo tornati nelle nostre celle, abbiamo fatto i letti, pulito tutto e stavamo lì. Dopo un’ora è successa l’ira di Dio. Non si è capito più niente, ci hanno presi una stanza alla volta“.

Il suo ricordo dei fatti di Santa Maria Capua Vetere è estremamente drammatico: “Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella insieme al mio piantone, perché sono sulla sedia a rotelle. Ci hanno portati fuori e ci hanno massacrato. Mi hanno colpito sull’occhio, poi in bocca. Mi hanno preso a martellate in testa, e non ho capito più niente. Vedevo come delle nuvole, e non ho capito più niente“.

Il dolore di Vincenzo Cacace: “Ora voglio i danni morali”

Il pestaggio, secondo Cacace, è stato scientifico cella per cella e perpetrato da tutti in carcere: “Hanno ammazzato un ragazzo. Era un tunisino. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso. Volevano farci perdere la dignità, ma l’abbiamo mantenuta. Sono loro i malavitosi, perché vogliono comandare in carcere. Dicevano che il carcere è loro. Noi dobbiamo pagare, è giusto. Ma non dobbiamo pagare con la nostra pelle. Con la nostra vita“.

Cacace ha quindi chiesto di vedere le immagini di Santa Maria Capua Vetere che sono trapelate, e che ancora non aveva mai visto: “È giusto secondo voi?“, ha chiesto all’intervistatore. “I delinquenti siamo noi, loro sarebbero i buoni. Si è mai visto qualcuno in mezzo alla strada trattare la gente così? Non possiamo perdere la nostra dignità. Voglio denunciarli, perché voglio i danni morali“.

 

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