Sanità pubblica: ci sono ragioni di crescita della domanda dovuta sia all’invecchiamento della popolazione che alle cresciute capacità diagnostiche e terapeutiche
Fino a 735 giorni per un ecodoppler cardiaco in Lombardia e 612 giorni di attesa in classe B per una visita endocrinologica in Sicilia. Ritardi, disparità e mancata trasparenza, ma anche migrazioni da Sud a Nord in cerca di servizi sanitari migliori e ricorso alla sanità privata.
Queste e molte altre sono le criticità emerse dal monitoraggio nazionale sulle liste di attesa realizzato da Federconsumatori nelle Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, nelle 41 aziende sanitarie locali di aree metropolitane e periferiche alle grandi città, e in 13 aziende ospedaliere.
Sanità pubblica: perché le liste d’attesa sono così lunghe?
Secondo il report La Salute Non Può Attendere, in collaborazione con Fondazione Isscon e con il contributo della Ccgil, presentato a Roma, solo tre regioni – Toscana, Emilia-Romagna e Umbria – hanno migliorato i tempi di performance nel primo quadrimestre 2024 (rispetto ad aprile dello scorso anno).
Peggiorano, invece, nel Lazio, Puglia e Veneto. In particolare, riguardo visite specialistiche ed esami diagnostici, criticità rilevate anche in Lombardia con attese che possono arrivare sino a 735 giorni per una ecodoppler cardiaca (Ospedale di Magenta) e in Sicilia (612 giorni di attesa in classe B, per una visita endocrinologica, nell’Asl di Messina).
Monitorate il 52% del totale delle prestazioni (86) previste dal Pngla (Piano nazionale governo liste attesa), inclusi i ricoveri nelle poche aziende dove risultano accessibili i dati.
“Un Paese in grave affanno da Nord a Sud – si legge nel report-, con le Regioni del Mezzogiorno e delle Isole nelle quali si riscontra un aggravamento delle emergenze strutturali nell’erogazione delle prestazioni sanitarie”. Pesano i tagli alla sanità e la carenza di personale che “continuano a produrre ritardi e disservizi nel governo della domanda di prestazioni, mentre aumentano i costi di produzione dei servizi” e le disuguaglianze economiche, sociali e territoriali che condizionano l’accesso alle cure.
Necessaria anche una maggior trasparenza nella pubblicazione e comprensione dei dati anche per i non addetti e da misure di controllo e partecipazione dei cittadini nella valutazione della quantità e qualità dei servizi erogati.
Federconsumatori ha inoltre messo in luce l’effetto di informazione e tutela promosso in tutto il Paese con la propria campagna Stop liste di attesa che, tramite gli Sportelli della salute, sta offrendo supporto e soluzioni ai cittadini che subiscono gli effetti dei lunghi tempi di attesa. Ma cosa vuole fare il governo per migliorare la situazione?
Infatti, il tema al centro dell’ultimo consiglio dei ministri è stato il taglio alle liste d’attesa nella sanità, con all’ordine del giorno la discussione sul decreto riguardante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie.
Questo decreto rappresenta una risposta del governo alla preoccupazione per le lunghe liste d’attesa nel sistema sanitario pubblico e vuole essere una misura da portare a casa prima delle elezioni europee per farla valere in sede di voto.
La strategia del governo per ridurre le liste di attesa si basa su due provvedimenti distinti. Prima di tutto, un decreto legge “leggero” che non richiede ingenti risorse finanziarie e introduce misure immediate e organizzative.
Successivamente, un disegno di legge più complesso, che prevede provvedimenti che necessitano di maggiori risorse e tempi di approvazione più lunghi.
Il decreto legge introduce diverse misure chiave per migliorare l’efficienza del sistema sanitario senza richiedere risorse economiche significative. Tra queste misure vi sono:
•Estensione degli orari per visite ed esami, includendo i weekend.
•Creazione di una piattaforma di monitoraggio delle prestazioni, gestita dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) sotto la supervisione del Ministero della Salute, per bilanciare domanda e offerta.
•Interoperabilità dei sistemi regionali.
Se le cure previste non possono essere fornite nei tempi stabiliti dalla legge, l’Asl di competenza dovrà permettere al cittadino di “saltare la coda” e ricevere la prestazione sanitaria da liberi professionisti ospedalieri o privati accreditati.
Viene anche introdotta una struttura ispettiva dedicata e l’implementazione dei Centri unici di prenotazione (Cup) regionali, includendo il settore privato accreditato e l’acquisto di pacchetti di prestazioni in regime di intramoenia. Una novità importante è l’estensione dell’accesso alla telemedicina anche ai medici di famiglia e ai pediatri.
Tuttavia, il ruolo delle “farmacie dei servizi”, che offrono ulteriori servizi ai pazienti, sembra meno definito rispetto alle bozze iniziali del decreto.
Durante il programma “Cinque minuti”, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha dichiarato: “Alcune misure saranno operative subito dopo il Consiglio dei ministri, come l’aumento del tetto di spesa per l’assunzione del personale sanitario, che passerà dal 10% al 15%”. Schillaci ha inoltre sottolineato l’intenzione di eliminare completamente il tetto di spesa sulle assunzioni dal 2025. “Ci sono 80 milioni per provvedimenti legati alla salute mentale. È un problema importante, esploso soprattutto tra i giovani dopo il Covid, e su questo il governo ha sempre avuto grande attenzione. Questo provvedimento lo dimostra in maniera concreta”.
Il disegno di legge, che richiederà tempi di approvazione più lunghi, includerà misure finanziariamente più onerose, tra cui:
•Innalzamento della spesa per il privato.
•Taglio delle tasse sugli straordinari dei medici.
•Aumento della tariffa oraria per gli specialisti di ambulatorio.
•Coinvolgimento degli specializzandi.
•Risorse aggiuntive per il personale sanitario.