Saman Abbas, il padre a processo in Italia. La storia della diciottenne uccisa per il no alle nozze forzate

A oltre due anni dalla morte di Saman Abbas, la 18enne di origini pakistane che voleva vivere all’“Occidentale”, il padre Shabbar, accusato dell’omicidio avvenuto nel 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, è atterrato attorno alla mezzanotte sulla pista dell’aeroporto di Ciampino, dopo l’estradizione da Islamabad.

Il 47enne ha viaggiato a bordo di un Falcon 900 dell’Aeronautica militare. Dopo lo sbarco è stato trasferito in un carcere della Capitale, in attesa della definitiva traduzione in una casa circondariale emiliana a disposizione dell’autorità giudiziaria di Reggio Emilia.

Tanto dolore e tanta rabbia, speriamo di arrivare fino in fondo“, è stata la riflessione che il fidanzato della ragazza, Saqib Ayub, ha consegnato all’agenzia Adnkronos attraverso la sua legale Barbara Iannucelli.

La vicenda giudiziaria: l’8 settembre in aula

L‘arresto e l’estradizione del padre di Saman non sono stati facili. Prima bisognava trovarlo, poi che la polizia pachistana lo arrestasse. La cattura dell’uomo è avvenuta nel Punjab a metà novembre 2022, dopo un anno e mezzo di latitanza. La mancanza di precedenti e di accordi tra Italia e Pakistan hanno reso complessa la procedura e lo testimoniano gli oltre trenta rinvii delle udienze per discutere la legittimità della richiesta del ministero della Giustizia italiano. L’ok dei giudici di Islamabad è arrivato finalmente il 4 luglio, il consenso del governo pachistano il 29 agosto.

L‘8 settembre Abbas potrà essere in aula, in presenza e non più in collegamento video, davanti alla Corte di Assise reggiana che lo sta processando insieme a quattro familiari per aver assassinato la 18enne, probabilmente strangolata, e averne occultato il corpo, ritrovato in una buca, non lontano da casa, il 18 novembre scorso.

Quel giorno sarà sentito, in qualità di testimone, anche l’altro figlio, il fratello minore di Saman, che con le sue parole ha contribuito a rafforzare il quadro accusatorio nei confronti dei parenti.

Carabinieri e Procura accusano Shabbar di avere agito in concorso con la moglie Nazia Shaheen, l’unica ancora ricercata, i cugini della ragazza Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati nei mesi seguenti al delitto in Francia e Spagna, e lo zio Danish Hasnain, anche lui rintracciato in territorio francese.

Proprio il fratello di Shabbar Abbas ha indicato agli inquirenti dove scavare per trovare il cadavere, sepolto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 in un casolare diroccato. Poche ore dopo l’agricoltore e la moglie sono fuggiti con un volo diretto in Pakistan.

La storia di Saman, il no al velo e alle nozze forzate

Saman Abbas viveva con la famiglia a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Scompare nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021. Ad allertare le forze dell’ordine è il fidanzato  Saqib.

Già un anno prima, Saman, ancora 17enne, si era rivolta ai servizi sociali per denunciare i genitori per maltrattamenti e per il reato di induzione al matrimonio. La giovane non voleva accettare le nozze combinate, decise dalla famiglia, con un cugino in Pakistan e si rifiutava di indossare il velo islamico.

Secondo gli inquirenti il movente dell’omicidio sarebbe proprio il no della 18enne al matrimonio forzato nel Paese che aveva lasciato nel 2016.

La ragazza viene portata in una struttura protetta per minori, dove rimane fino all’11 aprile 2021, quando torna a casa per recuperare i documenti e il passaporto. La madre l’aveva pregata, con un sms, di restare con la famiglia, promettendole che le cose sarebbero cambiate. Saman si lascia convincere, salvo poi rivolgersi di nuovo ai carabinieri, il 22 aprile, per denunciare il sequestro dei documenti da parte dei genitori.

Shabbar Abbas, padre di Saman, la 18enne uccisa nel 2021
Foto | ANSA/US CC – Newsby.it

I timori per la propria vita: “Un piano per uccidermi”

Il giorno della scomparsa, il fidanzato Saqib dichiara di aver ricevuto un messaggio vocale attorno alle 23:30 in cui la ragazza gli spiega di avere timore per la propria vita e di aver sentito la madre parlare di “un piano per ucciderla”. La giovane gli aveva chiesto di avvisare la polizia se non l’avesse risentita entro 48 ore.

A metà maggio, emergono le imagini registrate dalle telecamere dell’aeroporto di Milano Malpensa che mostrano i coniugi Abbas prima di imbarcarsi su un volo diretto in Pakistan  il primo maggio 2021, poche ore dopo il presunto omicidio. Con loro non c’è Saman. La ragazza non figura nella lista d’imbarco, mentre i titoli di viaggio risultano i acquistati dallo zio Danish tra il 27 e il 29 aprile.

Arrivano altri filmati che progressivamente ricompongono il quadro. Un video del 29 aprile, registrato dalle telecamere dell’azienda agricola dove lavoravano gli Abbas, mostra tre persone incappucciate, che si ritiene fossero i tre parenti della ragazza, camminare con un secchio, una pala e un piede di porco.

Per gli investigatori è lì che avrebbero scavato la buca dove, il giorno successivo, sarebbero stati occultati i resti della 18enne. Per i tre, ormai irreperibili, scatta un mandato di arresto europeo.

Un altro video conferma il racconto reso agli inquirenti dal fratello di Saman sugli ultimi momenti di vita della ragazza. Secondo il ragazzo, la sera del 30 aprile ci sarebbe stata una discussione tra i genitori e la sorella, che chiedeva di riavere i documenti. Poi Saman sarebbe andata via con uno zaino in spalla. Le immagini mostrano i genitori di Saman uscire con la figlia per poi rientrare da soli.

Iniziano così le ricerche del corpo della ragazza nell’area attorno all’azienda agricola, mentre il 21 maggio 2021 la polizia francese arresta Ikram Ijaz, uno dei due cugini.

Lo zio Danish, considerato “mente ed esecutore” dell’omicidio, viene catturato il 22 settembre 2021 alla periferia nord di Parigi. Il 14 febbraio 2022, dopo quasi un anno di latitanza, viene arrestato a Barcellona anche Nomanhulaq Nomanhulaq, l’altro cugino di Saman.

Il 22 aprile 2022 la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per i cinque indagati. L’ipotesi di reato formulata dagli inquirenti è di omicidio premeditato e soppressione di cadavere.

Intanto, il 4 aprile 2022 vengono ritrovati alcuni frammenti ossei lungo l’argine del fiume Tiepido, in località Torre Maina, a Maranello. Gli investigatori non escludono che possano appartenere alla 18enne pakistana e procedono con i test genetici.

Il 17 maggio 2022 i familiari di Saman Abbas vengono tutti rinviati a giudizio. Oltre allo zio Danish Hasnain e ai due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, il Gup manda a processo anche i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, latitanti in Pakistan.

La confessione del padre: “L’ho uccisa per il mio onore”

Nel settembre del 2022 emerge l’intercettazione telefonica in cui il padre confessa il delitto: “Ho ucciso mia figlia. L’ho fatto per il mio onore”, dice l’uomo a un parente in Italia l’8 giungo 2021.

Il 15 novembre 2022 il padre di Saman viene trovato in Pakistan e arrestato per l’omicidio, il sequestro e la soppressione del cadavere della figlia, sulla base di una richiesta dell’Italia finalizzata all’estradizione per lui e la moglie, ancora latitante.

Pochi giorni dopo l’arresto, il 19 novembre, vengono rinvenuti resti umani in un casolare abbandonato di Novellara, vicino all’abitazione della famiglia Abbas.

Lo scorso 4 gennaio 2023 arriva la conferma. Il corpo appartiene a Saman Abbas. “È stata identificata da un’anomalia dentaria”, riferisce l’avvocata del fidanzato.

Le reazioni del governo

“Un passo in avanti affinché, dopo un atroce delitto, la giustizia possa compiere fino in fondo il suo percorso”, ha commentato il ministro della Giustizia Carlo Nordio subito dopo l’arrivo in Italia di Shabbar Abbas. “Dopo mesi di richieste e attese, il governo di Islamabad ha accolto la richiesta del ministero della Giustizia per l’estradizione in Italia” dell’uomo imputato “per la barbara uccisione della figlia”, ha spiegato il guardasigilli.

Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani ha ringraziato il Pakistan “per la cooperazione” e ha sottolineato il “grande lavoro diplomatico” che ha portato all’estradizione dell’uomo.

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