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È un vero e proprio terremoto quello che si è scatenato nel settore del commercio ambulante a Roma. L’Operazione Monsone, coordinata dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia Locale della Capitale ha infatti portato all’esecuzione di diciotto misure cautelari e sequestri di beni per circa un milione di euro. L’organizzazione criminale, secondo le indagini, era gestita da pubblici ufficiali del Comune oltre che da alcuni esponenti di un’associazione sindacale di categoria e da un gruppo di imprenditori. Il sindacato Ana, attraverso le parole del vicepresidente Angelo Pavoncello a margine di un evento svolto proprio a Roma, ha preso le distanze dalle possibili “mele marce”, assicurando che i personaggi coinvolti non fanno parte del sindacato.
Il ‘racket delle bancarelle’: le accuse
Le parti, secondo quanto emerso dalle indagini, avevano messo in piedi un sistema di corruzione ed estorsione nel commercio ambulante. Gli indagati sono accusati di illecito arricchimento attraverso autorizzazioni amministrative per l’esercizio di attività commerciali su aree pubbliche.
Il sistema, secondo gli inquirenti, gestiva numerose postazioni nel settore delle bancarelle, avvalendosi di condotte intimidatorie, minacce e violenze per ottenere indebite somme di denaro.
Pavoncello (sindacato ambulanti): “Arrivate voci su ricatti ma non ne sapevamo nulla”
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Il vicepresidente del sindacato Ana (Associazione nazionale ambulanti) Angelo Pavoncello ha immediatamente preso le distanze dagli episodi criminosi rilevati dalle indagini. “I personaggi coinvolti non fanno parte di noi, se ci sono mele marce vanno condannate – ha dichiarato -. Non conoscendo gli atti, noi a priori non condanniamo nessuno. Abbiamo saputo dai giornali quello che è successo, noi come sindacato siamo estranei totalmente“.
“Questa è una inchiesta nata tre anni fa – ha poi aggiunto Pavoncello -. Ne abbiamo sentito parlare, sarebbe falso dire il contrario ma non ne sapevamo nulla. Se gli ambulanti se si fossero rivolti a noi li avremmo accompagnati a fare denuncia. La preghiera che facciamo è di non generalizzare perché l’indagine riguarda figure che con noi non c’entrano nulla”.