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Dopo quelli sull’eutanasia e sulla responsabilità civile dei giudici, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile anche il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis. Lo ha annunciato in conferenza stampa il presidente della Consulta, Giuliano Amato.
“Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali“, ha spiegato Amato.
Via libera a cinque quesiti sulla giustizia
Via libera, invece, a cinque referendum in materia di giustizia. La Consulta ha infatti approvato il quesito che ha l’obiettivo di riconoscere nei consigli giudiziari il diritto di voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati. Ammessi anche quelli che riguardano: l’abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità; la limitazione delle misure cautelari; la separazione delle funzioni dei magistrati; l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei membri togati del Csm.
“I suddetti quesiti – si legge in una nota della Corte Costituzionale – sono stati ritenuti ammissibili perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario“.
Referendum eutanasia, le parole di Amato
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In conferenza stampa, Amato è tornato sulla bocciatura di ieri del quesito sul fine vita. “Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cos’è la sofferenza ci ha ferito ingiustamente – ha detto -. Il referendum non era sull’eutanasia, ma sull’omicidio del consenziente. L’omicidio del consenziente sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi da quelli dell’eutanasia”.
E ha chiosato: “Sarà che è troppo occupato dalle questioni economiche“, ma forse il Parlamento non dedica “abbastanza tempo” a cercare di trovare la “soluzione” sui “conflitti valoriali”. “È fondamentale che in Parlamento capiscano che se questi temi escono dal loro ordine del giorno possono alimentare dissensi corrosivi per la coesione sociale“, ha concluso il presidente della Consulta.
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