Mottarone, il caso del piccolo Eitan: cosa dice la Convenzione dell’Aja

Nel caso del piccolo Eitan, il bimbo di sei anni sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone e riportato dal nonno (ora accusato di sequestro) in Israele, uno strumento importante per la risoluzione dell’intrigo internazionale potrebbe fornirla la Convenzione dell’Aja del 1980. Ma di cosa si tratta? Il documento, ratificato in Italia con la legge n. 64 del 15 gennaio 1994, regola le procedure e gli aspetti civili circa la sottrazione internazionale dei minori.

Cosa dice la Convenzione Aja

La Convenzione è attualmente applicata anche nelle relazioni bilaterali fra l’Italia e una serie di Stati, fra cui proprio Israele. Ma di cosa dice precisamente questo trattato? Il suo fine è quello di “assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente. Tra i suoi scopi c’è anche quello di “assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati” anche dagli altri contraenti.

Residenza abituale e Stati rifugio

Il documento, composto da 45 articoli, stabilisce poi alcune regole in materia di applicazione delle procedure. Innanzitutto, il Paese “di residenza abituale prima della sottrazione” sia quello “in cui il minore è stato portato (Stato di rifugio)” devono avere “entrambi ratificato o aderito alla Convenzione e hanno reciprocamente accettato l’adesione dell’altro Stato”.

L’iter per il ritorno del minore

Secondo la Convenzione dell’Aja, il trasferimento o il mancato rientro di un minore, inoltre, integra un illecito “quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro”.

Il limite dei 16 anni d’età

Il minore in questione deve avere meno di 16 anni; al compimento del 16esimo anno d’età, infatti, la procedura – anche se già in fase giudiziaria – si interrompe. Per assicurare il ritorno del minore, invece, l’articolo 8 stabilisce che “ogni persona, istituzione o ente, che adduca che un minore è stato trasferito o trattenuto in violazione di un diritto di affidamento, può rivolgersi” alle autorità “al fine di ottenere assistenza. E ci si può rivolgere “sia all’autorità centrale della residenza abituale del minore sia a quella di ogni altro Stato contraente”.

Il trattato e il caso di Eitan

Le autorità dello Stato di rifugio devono quindi avviare una procedura d’urgenza per il ritorno del minore. Ciò che l’Italia è intenzionata a fare per il caso di Eitan. A quel punto l’autorità giudiziaria o amministrativa di riferimento avrà sei settimane dall’inizio del primo grado di giudizio per deliberare sul punto.

Tempi più lunghi con l’appello

Qualora i tempi non fossero rispettati, il richiedente “di sua iniziativa, o su richiesta dell’autorità centrale dello Stato richiedente, può domandare una dichiarazione in cui siano esposti i motivi del ritardo. In caso di eventuale giudizio di appello, però, le tempistiche dell’iter potrebbero dilatarsi.

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